I giorni del pensiero magico

Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito. Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai. (Giorgio Caproni)

Questa mattina ho preso tre carte dal mazzo dei tarocchi marsigliesi, metodo Jodorowsky, non è cosa che accade spesso perché pur avendo dedicato qualche settimana della mia vita passata a studiarli è una delle tante cose che ho dimenticato, ma poi ci sono i giorni del pensiero magico.

Da due settimane ho un dolore lombare e non riesco a ridurlo e non riesco a non pensarci e sono stanca. Di solito passa o diminuisce, questa volta no, quindi faccio ricorso a tutto quello che so per alleviare la pena, mi ricordo che invece del caldo è meglio il freddo e allora prendo il ghiaccio secco a forma di ananas che ho nel freezer, gli analgesici non mi fanno effetto e persino le posizioni yoga che di solito mi aiutano sembrano peggiorare la situazione. Il dolore mi intristisce, mi fa vedere tutto nero. Amplifica la solitudine, non lo puoi condividere.

Anni fa ho letto un libro che si chiama Dolore, di  Zeruya Shalev;  il dolore provato fin nell’ultima cellula delle ossa della protagonista, vittima di un attentato, viene sovrapposto a un altro dolore che come quello fisico, le aveva fatto desiderare di morire. Nel mondo del pensiero magico, il dolore fisico è sempre riconducibile a una risonanza con un dolore emotivo, non ci credo, però visto che è facile e per provarle tutte, ho preso tre carte dal mazzo dei tarocchi marsigliesi. Ho quindi posto questa domanda: Universo cosa vuoi da me? La prima carta è stato Il Sole, la seconda La Stella, la terza La Carta senza Nome ovvero La Morte. Per chi non si intende di tarocchi dico subito che no, l’Universo non vuole la mia morte, la Carta senza Nome nel metodo Jodorowsky è una carta di trasformazione, certo per chi crede, anche la morte lo è.

IL Sole e La Stella e La Carta senza Nome sono trionfo e slancio verso il cambiamento radicale, sono carte benevole o meglio lo sarebbero se io volessi un cambiamento. Ma la prima cosa che mi viene in mente è: un altro cambiamento? No, dai universo, ripensaci, magari negoziamo, ti propongo un appianamento;  una soluzione senza traumi, guarda rinuncio pure al trionfo, i cinquanta giorni da orsacchiotto di Troisi sarebbero perfetti, non so se hai presente.

Mi tengo pure il dolore, mi basta che si attenui, provo con la meditazione e mi concentro sulle parti del corpo senza dolore, un po’ funziona. Poi la prossima settimana parto, caro Universo e non ci penso proprio a rinunciare, allineati come devi.

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Che ci faccio io qui

Se dovessi raccontare cosa mi ha colpito della mia isola, direi senz’altro il profumo. Il profumo che si rincorre e si alterna, quello di giugno quando prevaleva la rosa e la zagara e poi forte il gelsomino, quello di ora; il mirto e poi l’origano e poi il finocchietto e poi, improvviso, il gelsomino.

Tra giugno e luglio la differenza è quella che intercorre tra due stagioni, non c’è molta gente e questo rende tutto rarefatto. Da qualche giorno viene una tortora a osservarmi, se fossimo di più non oserebbe, credo. Capisco perché la signora Durrell portò i suoi figli in un’isola dello ionio, a Corfù, lei e i suoi bellissimi figli.

Capisco che uno di loro sia diventato un importante naturalista, oltre che scrittore, lo capisco profondamente anzi lo ammetto: Una famiglia e altri animali è uno di quei libri che mi ha ispirata e portata fin qui, non troppo lontano da casa, ma altrove. Io lo chiamo il mio ritorno a casa da espatriata. Dimensione che mi segue anche a casa. Poi ho un altro ricordo, dal film Il Danno; Jeremy Irons con le buste della spesa che torna a casa, dopo Il Danno senza speranza di redenzione, che ha causato. Non si capisce dove è, ma si capisce che si tratta di un’isola greca.

Non credo di aver causato alcun danno, tranne che a me stessa (come la maggior parte degli esseri umani) ma davvero, credo che entrambi questi riferimenti mi abbiano ispirata e ora sono qui, su un’isola che fa i conti con la mancanza di turismo, gli aerei e le vacanze che vengono cancellate, la natura si allarga, prende più spazio, gli abitanti non sembrano contenti. C’è più gente che a giugno, ma sempre poca gente, dicono. Per me che non cerco mondanità, va benissimo però ho anche io la percezione di un’isola e di una capacità di accoglienza sovradimensionata rispetto a chi la occupa.

Ieri ho fatto lezione di Yoga con un gruppo di ragazze – signore di Sami, erano giorni che mi appostavo davanti al cortile della scuola in cui le vedevo praticare. In un altro momento avrei lasciato perdere, avrei rinunciato. Invece ho aspettato e ho chiesto se potevo partecipare, così ieri sera ho fatto una bella lezione di Yoga in compagnia, con una maestra che parlava greco, ma lo yoga ha questo potere, non serve conoscere la lingua, se conosci la pratica, basta guardare e anche guardare non è del tutto necessario, io capivo oreà e anche polì oreà comunque 😀

La lezione è stata intensa, una lezione di Vinyasa immersa completamente tra il verde della collina e la bandiera greca che vedevo ogni volta che alzavo lo sguardo. Che ci faccio io qui? Non lo so, ma è divertente e anche incredibile.

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gratitudine e yoga

Questo è un post sulla gratitudine e lo yoga (i cinici e i disillusi possono saltarlo senza remore).

La prima volta che ho sentito l’effetto di un cambiamento facendo yoga è stato facendo gomukhasana, quando sono riuscita ad agganciare con forza la mano sinistra  in alto con la mano destra che la cercava dal basso. Non è un’asana tra le più difficili  e sapevo di dover fare come potevo, ma incontrare le dita della mano destra con la sinistra in direzione delle vertebre dorsali per me fu grandioso, come quando ti accorgi che non c’è nulla di deciso e che per quanto tu ti senta sconfitto, ce la puoi fare. Questo è un post sulla gratitudine, ma non sono così devota della pratica da immergermi profondamente in connessioni tra l’incontro della parte destra e sinistra del corpo o sull’apertura del petto e sulle implicazioni sui sentimenti o ancora di più, sull’anima però le intuisco. (I cinici e i disillusi erano stati avvertiti). In ogni caso da quel momento in poi ho capito che le ossa sono meno dure di quel che credevo e che a sostenerle ci sono i muscoli, anche loro non sono sole, che sono vive come me, come me respirano e come me si nutrono e come me cambiano e si trasformano.

Lo yoga di questi giorni è molto quieto, dovrei fare più saluti al sole e più veloci, lo so. Ma è molto quieto perché la quiete è quella che inseguo, ora.

Sono in una casetta di un’isola dello ionio, non so ancora se è un regalo di me stessa a me o una fuga, probabilmente entrambe le cose ma del resto a un certo punto si deve pure imparare a prendersi per quel che si è e portarsi da qualche parte per riconoscerlo.

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Yoga e gocce di splendore

Yoga e gocce di splendore

Per anni ho pensato che lo yoga fosse una specie di ginnastica dolce per signore di mezza età, durante la mia lezione di yoga spesso rido pensando ai miei pregiudizi, rido mentre spingo i palmi a terra per l’ennesimo chaturanga, spesso accompagnato da gocce di sudore e debito di ossigeno. Io amo lo yoga e amo sudare mentre faccio yoga, amo sentire la fatica, profonda, l’attesa di quei secondi che si dilatano all’infinito, in cui mi manca il fiato e penso adesso mi spezzo e poi non mi spezzo e l’attesa finisce e l’insegnante mi dice: espira e metti la mano giù e so che posso mettere giù anche la gamba e che la posizione del virabadrasana III sta per terminare e che anche per quella lezione, ce l’ho fatta. Non sono caduta, non sono crollata, non mi sono liquefatta. Mi sono concentrata, ho resistito e ce l’ho fatta.

E’ come una scalata la mia lezione di yoga, non è soltanto una lezione di yoga, è una sequenza continua di posizioni che si inseguono e mi inseguono e inseguo nella mente e nei movimenti, come draghi volanti. Che poi è il nome di una delle mie sequenze preferite di Yoga. La sequenza dei draghi volanti.

Io faccio Vinyasa,che è uno yoga dinamico, a cui però bisogna aggiungere il coefficiente Valentina, la mia insegnante, perfezionista e follemente innamorata della sua disciplina, noi allievi la subiamo, ci piace subirla,  più soffriamo e più siamo felici, più sudiamo e più torniamo alle sue lezioni, puntuali. Abbiamo sviluppato una dipendenza, difficile capire se la dipendenza che abbiamo sviluppato è dallo yoga o da lei, io non conosco altre insegnanti di Vinyasa e non so se mi farebbero sudare tanto. ” Su, su, con quei bacini”, la odio quando dice così, perché lo dice all’ottantacinquesimo minuto di lezione, in genere, mentre grondo gocce di splendore (modestamente) e mentre non so più se devo respirare o ringraziare di essere arrivata a 10 minuti dalla fine della lezione, se devo iniziare il conto alla rovescia e ringraziare di essere viva o urlare, perché una lezione di Vinyasa di 90 minuti, non finisce mai ed è proprio come dovrebbe essere, perché dopo ti senti forte e sei pronto a sconfiggere tutti i draghi, i pochi sopravvissuti alla lezione.

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Se lo Yoga ti cambia la vita

Se lo Yoga ti cambia la vita

Chi insite resiste,  si dice, oppure chi disprezza compra, sono luoghi comuni dal significato vagamente oscuro che mi vengono in mente quando penso a me e allo yoga. Per anni ho pensato che lo yoga fosse praticato da gente triste in cerca di salvezza, il genere di persone che si incontrano da Naturasì, per intenderci. Gente che non frequenta parrucchieri, fricchettoni, donne abbandonate, persone annoiate o ossessionate dalla salute. Poi sono diventata una di quella persone che si incontrano da Naturasì, ahimé, a quel punto non avevo più nulla da perdere, sapevo che anche per me si apriva la strada della ricerca tra mente e corpo, Mi sono arresa e ho cominciato a frequentare con un certo scetticismo un corso di Hot yoga, che è uno Yoga dinamico praticato a 35-40 gradi. Ci sono capitata in un momento in cui ero debilitata; la prima lezione è stata agghiacciante anche se l’aggettivo è il meno adatto, rende. Per tutta la durata della pratica ho temuto di cadere, di non farcela, di svenire, ma non so come, sono arrivata alla fine. Quella lezione credo mi abbia cambiato la vita (non ci posso credere che sto scrivendo una cosa simile), sono uscita svuotata e con la consapevolezza che potevo farcela, rialzarmi e tornare a essere forte. Da quel momento è come se non mi fossi fermata più, come quando incontri qualcuno che, tu lo sai, era tutta la vita che lo aspettavi. Ecco, io posso dire che era tutta la vita che aspettavo lo yoga, mi fa sentire forte, mi ha liberata dai dolori (o dalla paura di averli, non ha importanza), oltre a fare hot yoga,  seguo il corso di Vinyasa flow (sempre di yoga dinamico si tratta) e so che non abbandonerò mai più questa pratica, che per me è disciplina, preghiera e conforto. Sto parlando proprio come una di quelle esaltate che cercavo di evitare, va bene, non importa. Comunque è successo che uno dei corsi di hot yoga è stato sospeso perché c’è poca gente disposta a fare yoga sudando più del necessario, a quanto pare. Invece sudare aiuta a eliminare tossine, ma capisco che non tutti possano essere motivati come me. Quindi dalla prossima settimana, cambiano gli orari e avrò solo una lezione di hot yoga, continuerò con le lezioni di Vinyasa Flow, ma sono un po’ triste. Devo tanto all’Hot Yoga.

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