In morte di Jole

Non conoscevo bene Jole Santelli, non ricordavo la sua carriera politica, però l’intervista da neo presidente senza voce la ricordo, pensai che doveva essere sfinita, non sapevo nulla della sua malattia. Mi considero una persona mediamente informata, negli anni in cui la carriera politica di Jole Santelli decollava, seguivo la politica, interesse che ho perso del tutto, eppure di lei non ho ricordi, non essendo probabilmente attratta da un profilo politico come il suo. Pregiudizi di cui mi pento, ho attraversato come tanti la contesa politica come si fa con il tifo calcistico, per principio e assolutamente convinta di essere dalla parte dei buoni, litigando con persone degnissime mentre chi ci mandava nell’arena, sorseggiava drink e contava i soldoni, dando grandi pacche sulle spalle agli avversari; è un’argomentazione qualunquista, lo so e mi autodenuncio: sono qualunquista.

Vedendo le foto di lei trentenne, ho stentato a sovrapporla a Jole Santelli presidente della Calabria che conoscevo io. Ho pensato che il suo aspetto fosse stato trasformato dalle terapie, ho pensato che lei, pur essendo forse stata selezionata anche per il suo aspetto da Berlusconi, non si sia preoccupata più di apparire in forma, si è presa la sua carica per la quale ha continuato a lavorare fino alla fine.

Una grande passione ti riempie la vita forse, oppure ti aggrappi a quello che hai quando la tua vita si ribalta. Non lo so, credo che ognuno reagisca ai grandi cambiamenti come meglio può e la cosa migliore è che ognuno possa davvero fare come preferisce.

Ma non ho potuto fare a meno di pensare che convivere con una malattia che prosciuga tante energie non fosse compatibile con una vita piena di impegni così stringenti.

Quindi, ho smesso di leggere tutte le parole di circostanza la decima volta in cui ho letto la parola “guerriera”.

Ecco, ognuno ha le sue idiosincrasie, io ne ho una grande con l’espressione Guerriera.

Si utilizza per lo più con le donne che hanno un tumore, di solito si dice che combattono con un tumore. La terminologia della malattia è mutuata da quella della guerra, esattamente come quella delle campagne elettorali, del resto.

Trovo ingiusta questa pressione, a dover essere vincenti o ad avere un atteggiamento “vincente” anche nei confronti di una malattia.

Oltre a essere ingiusto è inutile.

La malattia è tante cose, ma di sicuro non è una guerra. Sono parole vuole, non vogliono dire nulla. Una malattia va accettata, se possibile superata, spesso ci si può solo convivere senza per forza essere un esempio, un faro, una che non deve chiedere mai.

Ecco almeno quando siamo malate, non fateci essere uno stereotipo, tra la vittima e la guerriera, dateci lo spazio per essere quello che vogliamo.

Ci sono donne che ne vogliono parlare, altre che non ne vogliono parlare, alcune fanno finta di niente, altre ne sono ossessionate (anche far finta di niente è un modo per esserne ossessionate), la vita è quel che ci capita mentre facciamo progetti per altro, lo diceva John Lennon.

Con la speranza che Jole abbia scelto di vivere come ha vissuto i suoi ultimi anni,  prometto a lei battaglia strenua contro l’espressione Guerriera.

 

 

 

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la notte e la paura

La notte mi sveglio e mi ricordo che non posso andare dove voglio perché c’è il Covid, poi però se sono abbastanza sveglia e non è uno di quei risvegli lievi tra un braccio sotto il cuscino e una mano per togliermi i capelli davanti agli occhi penso che anche prima non potevo fare tutto quel che volevo e che è solo un ostacolo in più e che no il Covid non mi ha insegnato nulla e non sono una persona migliore o  forse ho solo abbastanza anni da aver già imparato quel che potevo, il resto lo imparerò, prometto.

La limitazione più grande per me sono stati gli spostamenti, non poter andare dove avrei voluto. Ah pensa a quelli che sono morti. Ci penso e potevo essere uno di loro e oltre a non esserci più avrei vissuto pure la limitazione degli spostamenti. Va bene così?

Per ragioni che non interessano a nessuno, lo scorso anno per alcuni mesi non mi sono spostata e non c’era il Covid, ho pensato di lasciar trascorrere quei mesi perché tanto ci sarebbe stato il 2020, ecco io questo l’ho proprio imparato, a non lasciar trascorrere nulla, fare il possibile, cautelarmi e cautelare per quel che posso, ma fare quel che devo perché non posso far decidere tutto alla paura.

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il caffè

Siccome è un giorno in cui mi sono svegliata dal lato sbagliato, ho subito pensato: come rimediare?  La prospettiva era un declivio. Ah mi sono detta, non preoccuparti arriverà il minuto, anche in questo giorno, in cui ti accorgerai che non tutto è perduto. Ma il tempo passa e il declivio si allarga. Non temere, arriverà quel minuto, devi solo aspettare e sperare ma chi di speranza vive si sa come muore, ma io non muoio mi sono detta, non oggi e nel caso non muoio disperata e comunque tra 100 anni non ci sarà più nessuna delle persone che conosco, quindi anche oggi esco e non ci penso più. C’è il sole guarda, c’è il sole, consolati, c’è sempre il sole. Non basta il sole. Molto meglio il caffè e il suo odore.

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