la stufa in ghisa verde

Di una cosa possiamo essere certi, uno degli effetti del riscaldamento globale è la maggiore presenza di luce, quella che dovrebbe influire sull’umore, quella che quando cede alle ombre ci rende tutti più malinconici e non è che un effetto sulla mancanza di stimolazione della serotonina, insomma questo è più o meno quello che ho capito. Quindi questo autunno catastrofico per la mancanza di acqua e la quantità di sole dovrebbe renderci tutti più contenti.

Capita invece di svegliarsi inondati dalla luce e provare un senso di fastidio. Come quando qualcuno ride per qualcosa che a voi non strappa neppure un sorriso e tu lo guardi male e pensi: ma che avrai da ridere, scemo?

Siccome è lunedì e uno dei miei propositi è cominciare bene la settima, facendo cose tipo la meditazione che però aspetta settimana dopo settimana, perché superato l’ostacolo del lunedì, dal martedì in poi posso sempre dirmi che se ne parla il prossimo lunedì, insomma superato il fatto che anche questo lunedì non se ne parla, ora, meditazione o no, cerco di capire perché il sole sembra che mi sfotta, perché vorrei meno luce, un po’ di pioggerellina almeno che accompagni la mia mestizia e mi assolva dalla poca voglia che ho di dire: ooooh, ma che bella giornata!

Perché quell’aria triste? Non va tutto bene? NO

Allora penso alla mia idea di felicità, che non è una carta di credito con plafond illimitato che mi consenta di viaggiare inseguendo il sole senza neppure preoccuparmi del bagaglio (per quanto…) ma una stufa in ghisa verde scuro davanti alla quale riscaldarmi leggendo sulla poltrona comoda così comoda da non farmi neppure ricordare che ho delle ossa mentre guardo la brughiera, allora: cosa ci faccio su una poltrona davanti a una stufa in ghisa se fuori c’è il sole?

Ma la spiaggia, il sale sulla pelle, camminare sulla sabbia, non è anche quella la tua idea di felicità? Sì ma a me piace il mediterraneo e quelle cose si fanno in estate nel mediterraneo e poi basta ora è tempo di tristezza, spegnete questo sole che ha scocciato

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Tempi duri

Ho contato quattro volte, ho sentito quattro volte alla radio dire: ci aspettano tempi duri. Ci aspettano tempi duri. Ci aspettano tempi duri. Ci aspettano tempi duri. L’ho sentito ripetere quattro volte in meno di due minuti. Ehi, mi sono detta, ma non sarà che mi aspettano tempi duri? Ma quindi quella volta che furono davvero duri, non conta? O siccome non erano tempi duri da ripetere quattro volte in due minuti e lo erano solo per me, non vale? Conta solo se vale per tutti? Ma tutti chi? Ah certo, l’economia, io credevo si preoccupassero del mio umore; ma erano tempi facili quindi, prima, quando le bollette non erano così care? E lo erano per chi? Per tutti?

Non devo confondere le storie personali con le tendenze economiche, certo. Non devo confondere. Ma se qualche giorno sono di buonumore lo posso dire o sono tempi duri?

In uno di questi giorni duri, da dire con il tono grave che se no si capisce che non ci credete e che per voi non sono poi tanto duri, posso dire che a me sembrano duri per quelli per cui erano duri anche prima? Posso dire che mi fa più paura la temperatura a 25 gradi a fine ottobre  di Berlusconi, Meloni e Salvini e pure sull’espressione da madonnina infilzata della Serrachiani  e  del tono serioso e preoccupato di Letta avrei molto da dire, che poi alla fine decido io e so io se e quando sono tempi duri e comunque non ci credo proprio che possono essere peggio di certi altri giorni duri che non siete neppure tenuti a sapere  come sono. Perché poi ognuno ha i suoi tempi duri.

Comunque sappiate che sono tempi duri, se nessuno ve l’ha detto sarebbe ora che ve lo dica, almeno 4 volte in due minuti, se no c’è il rischio che non capiate e fate come quelli del Titanic, altra metafora da ripetere 4 volte in due minuti. Sono tempi duri is the new resilienza. L’ho già detto che sono tempi duri? Se poi avete problemi, drammi che vi affliggono, quella disperazione che vi portate dietro da sempre, quel dolore insopprimibile come il vostro conto corrente inesorabilmente in rosso, non sentitevi soli, siete al passo coi tempi, prima eravate soli, ora sono tempi duri per tutti, pare.

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la spesa di oggi

Stamattina sono andata da Lidl, da cui ho sviluppato una dipendenza in questa mesi di confinamento, tutto è cominciato seguendo un gruppo di facebook di alimentazione per pazienti oncologici, una delle partecipanti,  lamentava il fatto di aver speso per un pezzo di pecorino una cifra da urlo, la nutrizionista, bravissima,  che ora ci guida da Miami dove nel frattempo si è trasferita e che non è neppure una grande sostenitrice del biologico, la sgridò dicendole che non c’era assolutamente bisogno di svenarsi per mangiare bene e che lei stessa anche da Lidl aveva trovato dei pecorini buonissimi. Così, fatto un rapido calcolo delle cifre folli che spendevo per mangiare, sono entrata in punta di piedi nel tunnel di Lidl, ho imparato a leggere bene le etichette, ho smesso di frequentare Natura Sì e sviluppato la mia  nuova dipendenza.

Avendo anche un supermercato sotto casa, per fortuna non ci vado proprio tutte le settimane e non compro proprio tutto da lì, però mi sono iscritta a un gruppo di Facebook di recensioni di prodotti in vendita da Lidl, quindi sono aggiornatissima. Il problema è che non compro solo roba da mangiare, per cui ho la casa piena di prodotti  imperdibili, convenienti e inutili. Sono il segmento di consumo che il marchio insegue: ti convinco con qualche prodotto poi però tu non smetti e so io come non farti smettere, va bene ci sto; del resto questi mesi in qualche modo bisogna passarli.

Stamattina  al banchetto di esposizione di fiori c’erano delle piantine in sottovasi a forma di animale, io ho scelto la gallina, naturalmente, e ho preso anche due mazzi di tulipani gialli, perché sto vedendo una serie in cui lui, il mio eroe, torna a casa con un mazzo di tulipani gialli, li ho presi anche perché non ricordo più esattamente da quando non ricevo un mazzo di fiori e rivendicarlo per ottenerli non farebbe lo stesso effetto. Li ho incastrati nella parte superiore del carrello, quella in cui non si dovrebbero mettere i bambini. Così una signora  dopo l’altra (solo le signore, perché?) mi ha chiesto dove avrebbe potuto trovarli e io glieli ho indicati, ce ne erano tanti. Fino a quando non ho incontrato una signora che mi ha fermata per consigliarmi di prenderne  mazzi in cui il tulipano è più chiuso perché ci mettono poco a piegarsi altrimenti e allora io sono andata a cambiarli ma non ce n’erano più gialli, mi sarei tenuta i miei se non fosse che non volevo dispiacere la signora perché sapevo che l’avrei rincontrata (e infatti così è stato), le avevo detto che li avrei cambiati e quindi ho preso quelli bianchi e quelli bianchi e rosa perché mi sono ricordata di un meraviglioso mazzo di tulipani bianchi ricevuti un giorno (e per i quali vorrei ringraziare G., per i tulipani  e per tante altre cose di cui so che non avrò mai modo di ringraziarlo ma che lui sa). Comunque vicino al banco dei fiori c’era una signora che guardava avidamente le piantine con i sottovasi a forma di animale. Sono carine vero?, le ho detto, lei mi ha risposto: Sì, sono carine ma costano 3.90 e ha taciuto ma io ho capito cosa voleva dire. Sono 3.90 per qualcosa di inutile che vorrei io ma per la quale quando torno a casa sarò rimproverata. Normalmente sono una specie di essere asociale e a tratti sociopatico specie in un ambiente come un supermercato, eppure la signora era così tenera che le ho detto: non rinunci signora, sono allegre, è Pasqua, le faranno compagnia. La signora si è illuminata e mi ha detto: mi aiuti a sceglierne una bella come lei. Mi ha detto proprio così e proprio è stata gentile perché io avevo i capelli da strega e i postumi di una settimana non delle migliori, a parte la mascherina che infatti oggi ho indossato volentieri per coprirmi. L’ho scelta con cura e gliel’ho data, mi ha sorriso e io le ho sorriso e le ho augurato Buona Pasqua e poi un’altra signora mi ha chiesto se preferivo il coniglio o la gallina e no signora, la gallina è più bella e tutto questo per dire che Lidl Bari dovrebbe almeno regalarmi un mazzo di tulipani gialli, la prossima volta.

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Otium et negotium

Otium et negotium

Siccome vorrei proprio saltare  le retoriche celebrazioni  dell’8 marzo (che sono passate dal somigliare a quelle della festa della mamma a quelle della commemorazione dei morti) mi è venuto in mente che una di quelle cose in cui vorrei essere brava, è imparare a distinguere e se possibile mettere in pratica, la differenza che c’è tra labor e opus. Se il labor è fatica,  l’opus è l’impegno nella realizzazione di un’opera creativa, è quelle che dovrebbe essere il lavoro quando il lavoro è il lavoro perfetto. Non lo è quasi mai però, quindi per realizzare questa circostanza occorre ingegnarsi, magari capire cosa esattamente farebbe al caso nostro. Credo somigli vagamente alla contrapposizione sempre dei latini tra otium e negotium (e comunque doveva essere bello vivere in una società dove chi non faceva nulla non era considerato un nullafacente ma qualcuno che poteva preoccuparsi di cose più importanti). Non lo so se il lavoro nobilita l’uomo (come infatti era scritto ad Auschwitz), credo che ci inventiamo e siamo capaci anche di convincerci delle cose più incredibili per dare un senso a quello che  facciamo. Ma il più delle volte un senso non c’è.

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New normal e volontà di dio

New normal e volontà di dio

Ieri mi sono iscritta al sito di alberghi di lusso  a prezzi scontati per pezzenti e viziosi secretescapes.it, per una strana coincidenza nello stesso giorno ho letto la lettera di Grillo al Corriere della Sera in cui parlava di low cost (il Corriere della Sera lo distribuivano GRATIS nella sala d’aspetto di un Ospedale e per fortuna, perché non c’è ragione di comprare un giornale che dà spazio a certi contenuti) e, mi sono detta, toh Grillo avrà saputo che mi sono iscritta a secretescapes e che sono pezzente e viziosa e parla sicuramente di me. E però poi ho capito che no, non parlava di me ma di Vendola e Ed (a proposito perché  quasi tutti lo chiamate  Ed, il compagno di Vendola, è un vostro amico?), comunque siccome parlava di Vendola ho tirato un sospiro di sollievo, era una brutta lettera, piena di luoghi comuni, di quell’indignazione che non accenderebbe più neppure mia nonna. Ah, mi sono detta, meno male, passerà inosservata.

Ma si vede che è un periodo che non ci sono troppi problemi, perché se no non si spiegherebbe come mai passiamo tanto tempo a discutere di scelte private come quella di adottare un figlio, utero in affitto o no. Si vede che è un periodo in cui non ci sono notizie e si è molto infelici, se no non si spiegherebbe tanto moralismo gretto. Ho letto cose ignobili scritte da personcine convinte di essere per bene e timorate di dio oppure semplicemente convinte di essere le meglio (qualche parola per  per un naufragio di disperati, uno di quelli in cui muoiono adulti e bambini, la spendono, ma con parsimonia: si vede che quello  è un fatto naturale, la volontà di dio). Ho letto cose volgari e meschine che mi fanno vergognare di essere in rete e su Fb. Ora fate pure un po’ come vi pare, la moratoria internazionale sull’utero in affitto o proponete direttamente i cecchini per chi utilizza la pratica (LEGALE in alcuni paesi), io ero rimasta che l’utero è mio e me lo gestisco io, anche se decido di affittarlo. Ero rimasta che ciò che conta è la libertà di scelta ed essere poveri non ci rende per forza disposti a fare ciò che non vogliamo, pensarlo è un grande torto che si fa a chi vive con dignità la mancanza di  mezzi economici. Dicevo, voi fate quel che volete, io veramente non vi sopporto più e vi auguro di sapere cosa vuol dire essere giudicati da chi è peggio (se possibile) di voi e mai dalla parte del torto. Ora chiamate Adinolfi, le femministe intelligenti, la Boldrini e pure dio se volete a difendervi, io vi mando lo stesso all’inferno.

A proposito, la foto qui su è quella di una bella serie che parla dell’argomento (New Normal) che Sky ha casualmente fatto sparire…

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Meditazione e frittelle

Meditazione e frittelle

Da circa un anno, medito. Nel senso che la meditazione è diventata parte integrante della mia giornata e del mio programma “vita nova”, lo chiamo così perché ricorda Dante e non sembra quel che è; una strategia di sopravvivenza. Comunque meditare non è una cosa che viene naturale diciamo, per cui chi lo fa, a meno che non sia nato in un ashram, non è la reincarnazione del Dalai Lama, non si trova a vivere  una vita ascetica perché è un santo, lo fa per ragioni diverse ma che hanno a che fare con la sopravvivenza. Per cercare di raggiungere quello stato di benessere che si raggiunge quando il cervello è sintonizzato sulle onde teta, una cosa del genere, potrei spiegarla meglio, se l’avessi capito. In ogni caso, onde teta o no, anche se medito da un anno, lo faccio seriamente e con costanza, posso dire in tutta onestà che il bello deve ancora arrivare, spero, per il momento lo faccio e basta, sto lì, osservo le cose senza giudicarle, oppure mi faccio guidare da un cd e osservo le cose senza giudicarle e respiro. Detta così sembra una cosa noiosa, è una cosa noiosa, chi lo fa lo sa, ma i risultati arrivano, la mente si calma e si incomincia a percepire con più chiarezza e comunque è un esercizio che non si abbandona mai,  se no non vale e non funziona. Comunque io, dopo un anno, devo ammettere in tutta onestà che l’unico effettio della meditazione nella mia vita è stata una espansione della memoria, magari un’espansione inutile, ma una espansione. Ricordo cose che avevo dimenticato, mi accade nei momenti più impensabili, come se si aprisse una porticina del mio cervello e trovassi la strada che mi porta nel bagno dell’asilo, nel tragitto tra il frigo e il letto della casa in cui vivevo 20 anni fa o anche 30 anni fa,  nulla di clamoroso tranne il fatto che ricordo con dovizia di particolari, come se fossi lì, ricordo ogni sensazione, perfino il freddo se avevo freddo, il caldo se avevo caldo, l’odore di quel momento, l’aria fresca nelle narici se nel ricordo sono all’esterno. Naturalmente io mi aspetto molto di più dalla meditazione, ad esempio numeri per vincere la lotteria, esperienze mistiche in cui la Madonna mi svela verità ultime, ma per il momento devo accontentarmi dell’odore del sapone dell’asilo di Torre Canne e pure di quello delle frittelle di carnevale, che faceva la bidella, Nenetta. Ecco, ricordo che Nenetta mi voleva bene, non ricordo che la maestra mi volesse bene, ma lei sì, e che le sue frittelle erano super.

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