Giorno 4

 

 

Quello in cui ti svegli presto, molto presto così presto che ti chiedi: ma che faccio in piedi a quest’ora, tra quanto tempo potrò rivolgere la parola a qualcuno e che fine ha fato quella ragazza a cui non si poteva rivolgere la parola prima di due ore da viva perché il risveglio era una condizione che la lasciava per mezza mattina con i sintomi da stress post traumatico?

Boh? Il giorno in cui capisci che invece se chiederti se ci sarà una prossima vita a riabilitarti e a riabilitare tutte le merdacce incontrate o a riparare tutte le malefatte tue di questa vita, realizzi che la reincarnazione esiste ed è quella che una, tre, quatto, cinque volte, come Pinocchio, finisci col realizzare in una stessa vita. Se quel giorno ti senti mistica comprendi che se vale per il corso di una vita potrebbe essere come una esperienza omeopatica di quello che ti aspetta dopo. Ma per fortuna non ti svegli mai mistica e cerchi nell’armadio, invece di quella ragazza, una cosa da metterti, anche se fuori non c’è ancora luce e pensi a quanto è bello quel tempo in cui non puoi parlare con nessuno, sei sospeso nell’universo, nascosto agli dei, tra te e te, puoi fare di quel tempo quel che vuoi: leggere, scrivere, pensare, non pensare, uscire, camminare, respirare, meditare, fare yoga, sentirti grata, connetterti con il mondo. Invece ti fai un caffè.

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Giorno 3

 

Il giorno in cui capisci che non vuoi spiegare. Arriva così, come il latte che si versa e pensi che ti ci vorranno delle ore per scrostare la cucina (ma tanto il latte non lo bevo più…), arriva come un giorno di pioggia quando avevi programmato un pic-nic (solo nei miei sogni, quello in cui vivo in un cottage…), comunque arriva e non puoi farci nulla. Non hai più voglia di dibattiti, catene di forti ragioni, delucidazioni, precisazioni, discorsi illuminanti, frasi che facciano comprendere, che ti facciano sentire compresa. Non importa, non capisci? Pazienza, io non ti spiego, basta. Se vuoi capire provaci, se non vuoi capire resta all’oscuro, non è detto che sia peggio. Arriva quel giorno e ti dici ma perché non è arrivato prima? Quante parole inutili e quanti mal di pancia e lacrime e grumi sparsi di emozioni e pezzi di disperazione ovunque che nessuno voleva, neppure io. Arriva il giorno del silenzio d’oro, il giorno dei proverbi e un bel tacer non fu mai scritto. Arriva, un giorno arriva e smetti di spiegare e improvvisamente hai tanto tempo.

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Giorno 2

 

Il giorno in cui ti accorgi che preferisci l’autunno all’estate è un altro segno dei tempi, i tuoi, che non sono più verdi, te ne accorgi così: il caldo ti infastidisce, cominci a desiderare da maggio le giornate in cui per riscaldarti le mani hai bisogno di una tisana (una tisana, che già questo ti dovrebbe far salire o almeno rivoltare il gggiovane che era in te), poi arriva settembre e continui ad avere caldo, anche se piove e allora ti rivolgi al Santo Natale, che venga presto con il suo carico di doni che non ti piaceranno e di dolci che non potrai mangiare e pure di luci, che ti piacciono, e infatti le accendi anche a ferragosto e niente, non c’è scampo, neppure un piccolo spiraglio, una promessa che smetterai di sudare e di bere come un cammello perché ti devi idratare, per carità. No, è inutile che tiri fuori la scusa del riscaldamento globale, che prima il caldo era meno caldo e che,  signora mia, è l’umidità il problema. NO. Arrenditi, sei tu che non sopporti più il caldo e neppure il freddo, non sopporti più nulla e te la prendi con il tempo, e ti ricordi la frase scritta sul muro dallo scrittore che non aveva mai pubblicato del Favoloso Mondo Di Amélie: Si parla del tempo per non parlare del tempo che passa. Brava, sei diventata un cliché. Sei contenta? I cliché esistono perché funzionano, ti dici. Scuse, non fai che trovare scuse e prima o poi le finirai. E’ passato un minuto da quando l’estate non finiva mai e il sole ti baciava e restituivi i suoi baci e il caldo non lo sentivi e neppure il sonno e la stanchezza. Dove siete, anni maledetti? Chi vi ha chiesto di andarvene?

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Giorno 1

 

Ho imparato a bere il caffè senza zucchero, a dolcificare con la cannella, a mangiare la marmellata, sono stata una bambina che non mangiava marmellata, non è che non mi piacessero i dolci, odiavo la marmellata. Ora mi piace. E’ così che si invecchia? Imparando ad apprezzare la marmellata? La colazione di stamattina mi è sembrata come quella del proverbio; una colazione da re. Ho mangiato pane con farina integrale di farro, uvetta e crema di mandorle e marmellata, senza zucchero. Mi è sembrata una colazione buonissima, luculliana. E’ così che si invecchia? Pensando: ah quante cose belle mi dà la vita, una colazione con pane, burro e marmellata, anche se è una colazione con finto pane, finto burro e pure finta marmellata perché è senza gli stramaledetti zuccheri aggiunti.

Quand’è che si comincia ad accontentarsi e ad essere contenti? E’ così che si invecchia?

Faccio sogno strani, è un po’ di tempo che mi sogno dall’alto, da piccola e di spalle. Stanotte mi sono vista con uno scamiciato (è così che si chiamavano negli anni ’70 i vestiti per bambine) era grigio, calze corte e scarpette, mi sono sognata con delle scarpe anonime, non con le scarpe che,  sicuramente,  avrei voluto. Mi sono sognata come ero, ma dall’alto e mi davo le spalle. Caterina mi ha detto che ero una bambina stralunata e sempre arrabbiata, per forza Caterina, a nessuno interessava che avrei voluto delle scarpe diverse, a nessuno interessava il mio senso estetico e allora me lo inventavo. La maestra mi fece scrivere una paginetta di IO VIVO SULLA LUNA, fu una umiliazione, ma quante cose ho capito ricordando quella umiliazione. Ora la maestra manda messaggi di buongiorno sulla chat di compagni di classe in cui io, a distanza di 40 anni mi dico, meno male che ero sulla luna, sarei morta di noia a 7 anni, se no. Ogni giorno mi riprometto di uscire da quella chat fatta solo di buongiornissimi e invece non lo faccio, perché mi sembrerebbe di essere scortese. E pensare che ho fama di esserlo.

Il mio caffè è allungato con il latte di mandorla o di avena, anche il latte non è vero. Comunque da bambina non mi piaceva, poi invece mi è piaciuto, moltissimo.

La mia colazione preferita l’ho fatta per un anno tutti i giorni: latte intero e caffè e due, dico due, madeleines La Bonne Maman. La colazione perfetta di un anno perfetto. Quale è il momento in cui si passa dall’anno perfetto a quello in cui non puoi mangiare più le madeleineis?

Il momento in cui invecchi, ammettilo, dai.

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Gita a Brighton

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Brighton dista da Londra circa un’ora, decidemmo di andarci in una mattina di novembre, cosa sapevo di Brighton? Ripensavo alle scene del film tratto dal libro di Graham Green, Fine di una storia, con Ralfh Fiennes. Ricordavo il Pier, poi una giostra, l’atmosfera lattiginosa, da fine di una storia. Decadente e triste. Però mi piaceva l’idea di fare una gita e J., che in quei giorni era una compagnia insolitamente paziente e con lo sguardo rivolto a me, la scelse come destinazione. Così prendemmo il treno da King’s Cross, dove io cercai con lo sguardo il binario di Harry Potter ma non lo dissi a J., per non essere derisa. Molto tempo dopo, come se si fosse accorto della mia ricerca, ma non mi avesse detto nulla per non imbarazzarmi, mi disse che a King’s Cross, c’è solo una targa che parla di Harry Potter e del suo binario, dove i ragazzini fanno i selfie, beh gli dissi, non è che uno si aspetta proprio di trovare il binario numero 9 e tre quarti, senza sentire la mia risposta continuò dicendomi che nel libro l’autrice descrive la stazione di Euston, pur  chiamandola King’s Cross e che poi a King’s Cross avevano dovuto rimediare con una targa alla fama improvvisa e immeritata. Va bene, aggiunsi, immeritata, non esageriamo, stiamo parlando di una storia in cui c’è poco di realistico. Va bene mamma, hai capito, chiuse l’argomento.

Comunque quel giorno andammo a Brighton e c’era il sole, il sole inatteso e prezioso di inizio novembre a Brighton. La città non è grande, la girammo forse in un paio d’ore e con tutta calma, a me sembrò una piccola Londra, con un lato più bohémienne e struggente, per via del mare.

Ci fermammo a mangiare in uno di quei ristoranti che si affacciano sulla strada del mare, un grande ristorante pieno di gente che mangiava pesce, crostacei, e che sembrava felice.

Anche io lo ero, in quel modo un po’ vago in cui si può essere felici dopo un grande spavento, quando ancora non sai se il pericolo è scampato però ti senti bene per il solo fatto che c’è il sole, sei lì, il mondo non si è fermato e ti promette altri giorni luminosi. Dopo il pranzo, riprendemmo la passeggiata sulla spiaggia, ci fermammo a guardare i piccoli negozi che cominciavano al chiuso e proseguivano sulla spiaggia, disponendo gli oggetti ordinatamente e con quella grazia compiuta che per ragioni che mi sfuggono, ritrovo solo in alcuni luoghi, altrove, quel metodo, diventa, suk. Mi piacque così tanto che volli qualcosa da riportare a casa, da tenere con me per sempre. Trovai un bellissimo bricco, a forma di scatola di latte con una apertura su uno dei due lati, che riproduceva l’apertura quotidiana della scatola del latte fresco. Sul piccolo bricco di porcellana c’è il disegno di un gatto, riprodotto per ogni lato, ma non si tratta di un oggetto lezioso, è un oggetto che io guardo tutti i giorni quando apro la credenza per prendere la mia tazza mattutina, è un bricco pieno di poesia, bianco e indaco, il ricordo della mia giornata a Brighton piena di poesia e di passi amorevoli e silenziosi.

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Cappuccetto Bianco

Quella mattina sembrava dovesse nevicare per sempre, era caduta talmente tanta neve, che mentre camminavo, nel silenzio ovattato delle giornate nevose, riuscivo solo a pensare alla favola di cappuccetto rosso rivisitata, che avevo letto tanti anni prima, di Bruno Munari,  si chiamava Cappuccetto Rosso, Banco e Verde, dove, se per ogni colore c’era un destino diverso, in una, si vedevano solo gli occhi blu, perché cappuccetto rosso era diventata cappuccetto bianco e lei era vestita di bianco e tutto intorno, nel bosco bianco e sulla strada bianca, spuntavano solo i suoi occhi azurri. Io non ero una bella bambina con gli occhi azzurri vestita di bianco, io ero sempre io, ma la neve di quella giornata mi rendeva spiritata come se fossi diventata tutta occhi che camminavano, come nella favola che avevo letto qualche anno prima e che ricordavo così bene. In boulevard Raspail nulla era come il giorno prima, i parigini che erano usciti al mattino con le scarpe di pelle, con le scarpe col tacco, con le scarpe di tutti i giorni per andare a lavoro, erano tutti in fila da Dechatlon, questo lo avrei saputo qualche ora dopo, io mi aggiravo per il 14 arrondissement con gli occhi al cielo, non è che non avessi mai visto la neve, ma era quasi Natale e quella era la mia prima nevicata a Parigi ed era tanta ed era bella e mi riscaldava tutto quel bianco, come se avessi una cioccolata calda profumata nel cuore.

Guardavo le vetrine di una pasticceria e mi chiedevo che sapore poteva mai avere laBûche de Noël, quando la vidi in lontanza. Cristine era nel mio corso, una bella ragazza alta e sottile, con i capelli castani, gli occhi grandi e l’aria felice. Aveva un tramezzino in mano, pensai che faceva troppo freddo e quei tramezzini li conoscevo, erano nel reparto frigo di Carrefour. Io avrei preferito digiunare. Ma Cristine era precisa, quando era ora di pranzo mangiava, qando doveva ringraziare, ringraziava. Sorrise vedendomi, era così, quando doveva sorridere, sorrideva. Forse i miei erano pregiudizi, sapevo che era svizzera, probabilmente questo condizionava il senso che davo alle sue azioni.

Un paio d’ore più tardi la rividi, prima di entrare in aula. Si lamentava del fatto che le sue scarpe erano bagnate, che tutto questo da lei non sarebbe mai potuto succedere, che la neve si può prevedere e che in Svizzera non ci si fa trovare dalla neve senza il sale per le strade, che lei le scarpe non se le era mai bagnate quando nevicava. Non parlavo e pensavo che per fortuna da dove venivo io non nevicava mai, però con due gocce d’acqua le città si paralizzano. Marion la zittì, in Svizzera siete in pochi, fate presto a mettervi a riparo, qui siamo a Parigi e poi questa neve non era prevista. Silenzio.

Io le toccai la giacca, era completamente asciutta, mi stupii e glielo dissi. Mi rispose che suo padre aveva passato l’estate a cercarle e poi a sceglierle, la giacca giusta per l’inverno a Parigi. Mi stupì sapere che una ragazza facesse scegliere a suo padre la giacca che avrebbe indossato durante l’inverno lontana da casa, ma mi allietò sapere che esistono padri che passano le estati a scegliere indumenti abbastanza caldi e confortevoli per le loro figlie. Non so più nulla di Cristine, però sono assolutamente certa che stia bene: di cosa può avere bisogno una donna che ha un padre che le sceglie l’indumento giusto per attraversare l’inverno? Quella sera, la maggior parte delle persone che si erano riversata a Parigi dalla periferia, furono costrette a rimanere a Parigi perché non fu possibile rientrare, né con l’auto né con i mezzi pubblici. La nevicata aveva colto tutti di sorpresa e creò innumerevoli problemi. Dall’aula vidi i tetti innevati, la torre Eiffel luccicare e poco più in là, la torre di Montparnasse, mi emozionava sempre quella vista ma quella volta un po’ di più. Per me quella fu una giornata perfetta.

 

 

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De Senectute

Voglio dire che mi dispiace, che sento come un grumo di dispiacere che non so sciogliere e non so dire e non dirò, però parlerò di come è atroce assistere al sopraggiungere di una età che ti rende debole e indifeso se si tratta di vederla negli occhi di chi hai visto giovane e forte, voglio dire che è normale vedere invecchiare i proprio genitori, anzi capita ai più fortunati,  voglio dire che lo so, però nella programmazione umana c’è come un bug, si arriva a misurarsi con la propria condizione, di umani impotenti,  quando si è più fragili e spesso più soli, quando c’è meno pazienza da parte di tutti nel tollerarti. E’ un’esperienza che faremo tutti, lo so, anzi, la faranno i più fortunati, oppure no, i più fortunati sono quelli che vanno via una notte, in silenzio, senza essere troppo giovani e senza essere troppo vecchi. Oppure no, i più fortunati sono quelli che vivono senza sentire le emozioni, oppure no i più fortunati sono quelli che decidono per sé, che possono farlo e lo fanno, fino all’ultimo, ma se sei troppo vecchio oppure troppo debole, non puoi decidere nulla, quando invece avresti superato già tutti gli esami per decidere, quando già sai come fare a vivere e puoi decidere di dire; scusate, si è fatto tardi. Invece devi essere badato, tollerato, supportato e tutte quelle orribili parole disumane. E’ la condizione umana, una soluzione non c’è, non sprecare i momenti buoni, per quanto pochi e strappati alla disperazione, forse è questa l’unica possibilità di scelta.

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L’Oroscopo di Gallinaccia in Fuga, l’unico oroscopo garantito (e il più imitato). Previsioni per il 2018

L’Oroscopo di Gallinaccia in Fuga, l’unico oroscopo garantito (e il più imitato). Previsioni per il 2018

Auguri a tutti e ricordate che l’anno che sta arrivando, tra un anno passerà.

Ariete

Gli astrologi si ostinano a parlarvi di Saturno e di Urano, di trigoni e stelle cadenti, vi spiegano come schivare colpi e ritirarvi prima della malaparata, non vi conoscono bene, voi sapete benissimo da soli come lastricare la vostra via di guai, Vasco Rossi ha scritto per voi Vita Spericolata. Non avete paura né di Urano né di Saturno, che infatti stanno leggendo l’oroscopo, e prima del trigono che li vedrà protagonisti del vostro spicchio di destino, abbandoneranno il sistema solare. La novità è che quest’anno vi abbandoneranno anche i pianeti, ecco.

Toro

Lo so a cosa state pensando, questa ci azzecca sempre, l’anno scorso ci ha azzeccato e ci azzeccherà pure con le previsioni per quest’ anno; il fatto è che con voi è facile, siete la legge di Murphy incarnata e ambulante, siete l’anello mancante tra la realtà e il disastro, tra la notte e l’alba della disfatta, ma quest’anno vi propongo un gioco: pensate a tutte le cose che volete che vadano bene, concentratevi sui vostri obiettivi e non voltatevi indietro, chiedetevi se possono andar male, va bene vi rispondo io: lo faranno.

Gemelli

Il 2017 vi lascia scontenti, lo sappiamo anzi ad essere precisi lo sanno tutti perché non avete fatto che sottolinearlo e lamentarvene, se gli amici non vi rispondono al telefono e le feste le state passando con avanzi di amici, avanzi di famiglia e avanzi di cibo, sappiate che è perché a nessuno avanza tempo da passare con voi, decidete quindi se volete passate il 2018 da soli e tristi oppure provate a smettere di lamentarvi, tanto motivi per restare tristi e soli ne troverete sempre, statene certi.

Cancro

Anche per il prossimo anno avete grandi aspettative, lo sappiamo; amore, fortuna e soldi e però dovrete aspettare ancora, nessuna di queste grandi cose la potrete realizzare nel 2018, però avete la salute e il tempo che sono dalla vostra parte, vi sembra poco? Sappiamo che siete capaci di grandi imprese e che se avete proprio deciso di sciupare anche quel poco di buono che resta del vostro 2018, siete in grado di farlo. Auguri.

Leone

Siete particolarmente interessati alle previsioni per il nuovo anno, più del solito perché come al solito avete avuto un anno da dimenticare, ma il consiglio che vi diamo è di tenervelo stretto il ricordo di questo anno, perché è meglio un anno da dimenticare che uno da ricordare come il prossimo venturo, non si ricordano solo le cose belle, anzi è dimostrato che le cose belle si tende a rimuoverle con facilità, non preoccupatevi, nulla di catastrofico, vi aspetta solo un anno che ricorderete per quanto è stato noioso e inutile.

Vergine

A voi non ve la si fa, leggete sempre le previsioni con un occhio sì e l’altro no, il sopracciglio alzato e l’espressione scocciata. Fate bene, del resto come ve la sareste conquistata la fama di personcina puntigliosa e rompiballe? Non sarebbe ora di ribaltare questo cliché che vi perseguita? Uscite, parlate con la gente e divertitevi, non ne troverete molta disposta a dividere il tempo con voi, ma chissà, forse per il 2019 qualche amico riuscirete a farvelo. Le previsioni saltiamole, è meglio.

Bilancia

Se aveste fatto i compiti quest’ anno, vi sareste accorti che l’esercito di persone che volevano staccare la tessera del vostro funclub si sono dissolte, va bene non erano un esercito e neppure una manciata, il problema è che adesso si sono dileguati pure i parenti prossimi, insomma fate qualcosa, l’anno prossimo rischiate di non inscrivervi neppure voi nella lista dei vostri alleati, ah sì è vero, voi non c’eravate già. Pensate a cosa volete per il prossimo anno, i pensieri e i desideri vi saranno concessi, per realizzare dovrete ancora aspettare.

Scorpione

Bentrovata brutta gente, (non è colpa nostra se nel vostro segno è concentrata una enorme quantità di brutta gente) cosa vorreste dal prossimo anno? Anche voi amore, fortuna e soldi? Che ne diresti di accontentarvi della solita vita? Pensate di meritare di più, che sia giunto il momento di avere la vostra quota di amore e successo? Pensate quel che volete, tanto non lo avrete e neppure ve lo meritate. Sciò.

Sagittario

Gli abitanti del pianeta del segno del Sagittario si presentano come gente affabile e sorridente, ma quel bisogno di esternare serenità e felicità, tutti quei i sorrisi, dove, di preciso, dobbiamo collocarli? Non c’è una sola ragione per sorridere e dispensare buone parole, nessuno si interessa di voi, nessuno vuole che vi interessiate di alcunché e soprattutto nessuno si accorgerà se smettete di essere gentili con chicchessia. Rilassatevi, avete bisogno di energie per il prossimo anno, dobbiamo dirvelo, non sarà facile.

Capricorno

Siete pronti ad accogliere il nuovo anno? Siete come sempre testardamente convinti di non essere pronti per un nuovo anno? Siamo alle solite allora, peccato che il mondo va avanti lo stesso, l’orologio pure e anche il calendario dovrete decidervi a cambiarlo, naturalmente, se riuscite a non farlo, a vivere come eremiti e a scansare tutte le ugge che vi aspettano nel 2018, avrete tutta la nostra stima, per quel che serve.

Acquario

Tra tutti, voi siete quelli con i quali abbiamo più difficoltà a dire come stanno le cose e come davvero andranno, perché, va detto una volta per tutte, ci siete simpatici. Scherziamo. E’ solo che volevamo darvi una gioia prima lasciarvi soli con questo nuovo anno che di gioie ve ne regalerà poche e di quelle poco importanti. Che volete farci, come dice Bono; non cambia niente il primo giorno dell’anno. (Quella di Bono degli U2 me la gioco ogni anno, è una tradizione e quest’anno è toccata a voi)

Pesci

A dispetto delle previsioni, l’avete sfangata pure quest’anno, nessuno vi ha presentato il conto e nessuno ha tentato di farvela pagare per le malefatte che avete compiuto, l’avete passata liscia e pure se non lo meritate, qualcuno che vi vuole bene è rimasto, questo però riguarda il passato, dal 2018 finalmente si compirà il vostro destino; solitudine, grattacapi e nostalgia di un mondo che non tornerà più, come la vostra perduta giovinezza. Non scoraggiatevi, di solito vi lamentate per niente, almeno avrete qualche buona ragione per tediare il prossimo.

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Cose da portare fino al prossimo Natale

IMG_2562Siccome è tempo di bilanci e la malinconia scorre, vorrei aggiungermi alla lista dei sabotatori della gioia e parlare di quando, tra cento anni, vedrò scorrere le scene fondamentali del film della mia vita. So già chi saranno gli interpreti principali, so tante di quelle cose che potrei anche cominciare a dirle, poi prometto che cercherò di aggiungerne altre e ancora altre e che il film alla fine sarà lunghissimo e che  io non dimenticherò nulla e  aggiungerò tutto e me lo porterò di là, non lo lascerò in balia di questo Natale.

Ma intanto vorrei fissare lo sguardo di Pierluigi mentre io cambio espressione perché non sto bene e gli rovino la romantica cena a Parigi,   quello sguardo che comprendeva preoccupazione, desolazione, paura e bisogno di proteggermi, la mano che paga il conto del ristorante e ferma un taxi e poi non ricordo più niente, me lo ricordo soprattuto nei momenti in cui vorrei strozzarlo, perché ci sono anche quei giorni.

Lo sguardo preoccupato di Titti che contrasta con le parole rassicuranti durante un’altra cena (ho l’abitudine di rovinare cene) a Bologna dopo una giornata che fa parte di un altro campionario, quello dei giorni più tristi in cui però lei era con me, lo sguardo che comprende e vede e la voce che rassicura,  la sua voce che tenta di minimizzare e mi convince, come fa sempre.

Io a Milano, stesa su un tavolo che non descriverò perché il mio intento è farvi piangere facendo finta di non volerlo, che penso che le cose più orribili a me succedono a luglio ma poi penso che luglio è solo il culmine delle cose orribili e che magari da agosto sarà tutto in salita, magari.

La telefonata dell’editore che mi fa saltare di gioia per mezz’ora, la prima, prima ancora di capire che la mia vita non sarebbe cambiata,o meglio sarebbe cambiata ma non come pensavo io.

La telefonata di Leo in cui mi dice che M. si sposa, continuerà pure a cercarti, ma a maggio si sposa. E mille e cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo.

La telefonata di Jacopo che mi dice che non viene a Natale.

La telefonata di Jacopo che mi dice che viene a Natale.

Le telefonate di Jacopo in generale, perché sono sempre così poche, ah già, c’è what’s up.

Rivedere Mariella dopo tanti anni.

Rivedere Giovanna e proprio a Rimini.

Rivedere Firenze con Donata.

Sapere che Parigi è sempre lì e che nel 2018 la rivedrò perché una scena dal futuro, ci vuole.

Buon Natale.

 

 

 

 

 

 

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Bellezza, consolami.

Bellezza, consolami.

Dopo la maturità,  come  molti miei coetanei,  feci un interrail, io, il mio fidanzato di allora e altri due amici, per lo più dormivamo nei treni e visitavamo durante il giorno le città, qualche volta ci fermavamo  in ostello. Quelli del nord europa erano sempre i più belli, i più puliti e accoglienti, ero molto affascinata dal nord europa, ma ancora non mettevo in relazione quello che mi piaceva con ciò che mi rendeva felice, sembra strano invece è  molto comune . Ho sempre in mente un  trenino che ci portò da Oslo a Bergen, credo di aver visto attraverso quel finestrino la natura nella sua forma più abbagliante, ne ho un ricordo che ancora mi commuove. Siccome avevo diciotto anni, pensai: accidenti come è bello il mondo, chissà quante cose belle vedrò. Invece resta ancora oggi una delle cose più belle che io abbia visto, con stordimento; quella natura, quelle rocce, quel mare, quei ruscelli e quella tonalità di verde. La Scandinavia delle renne e dei treni che si fermavano per farle passare, dei compagni di viaggi che ci offrivano carne di renna essiccata e noi che rifiutavamo inorriditi. Tante volte ho pensato di rifarlo quel viaggio, ma sono diventata abbastanza grande da sapere che ciò che ci ha lasciato un ricordo perfetto non va ripetuto, serve solo a rovinarne la grazia. Eppure tante e tante volte sono ritornata, negli anni, a quel viaggio tra Oslo e Bergen. Non è vero che ho visto luoghi più belli, la natura che piace a me è quella, avrei dovuto capirlo subito. Non è vero che il mondo è pieno di luoghi belli, sì, c’è tanta bellezza ma anche tantissima bruttezza, ci ritorno con la mente, quando penso che la bellezza è l’unica consolazione che abbiamo, per fortuna non c’è solo la natura, c’è l’arte e anche l’architettura, una passeggiata a Londra o a Parigi, a Firenze, sono una grande consolazione per me, un  antidepressivo molto, molto potente. E’ che vorrei solo averlo capito prima che dovevo fidarmi di quello che mi emozionava e mi rendeva serena. Il fidanzato di allora l’ho perso di vista perché per fortuna faceva parte di un mondo in cui ci si poteva ancora perdere di vista, gli altri due amici fanno ancora parte della mia vita e in fondo la bellezza non mi ha mai abbandonata.

 

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