(…)Kemal è l’unico eroe della dizi, l’unico che si riscatta e che mantiene la sua promessa, la promessa del dipendente affettivo per antonomasia: Io ti salverò. Non sempre nelle serie turche la giustizia trionfa, anzi è molto frequente che non accada, in Kara Sevda è evidente che l’amore non salva ma dà un senso alla vita, come accade nelle ossessioni e coerentemente, come nelle ossessioni, non può finire bene.

Non finisce bene anche per la sorella traditrice che si innamora del cattivo, Zeynep, la sorella che mette  la sua passione per Emir davanti a tutto. Sapendo che Emir non la ama e neppure la ammira, che non la considera proprio, sapendo che non lo avrà mai, sapendo di essere la peggiore delle sorelle, sapendo e non riuscendo a fare nulla per fermarsi.

La visione delle serie turche crea un doppio legame, quello del co-dipendente affettivo alla sua droga: le emozioni facili da reperire. E’ lo streaming delle emozioni. Naturalmente fanno meno male, naturalmente sono emozioni disinfettate, senza il danno. Ma il successo del fenomeno è tutto qui.

E comunque ci vuole una certa abilità per riuscire nell’intento, non tutte le dizi ci riescono ma moltissime sì.

Tra tutte le suggestioni che mi hanno regalato le serie turche ce n’è una che non ho ancora del tutto compreso; perché la famiglia è così importante nelle storie turche se poi i mostri in fabula sono quasi sempre i genitori o i fratelli o le sorelle? Gli unici genitori buoni sono quelli morti.

Perché sono sempre le persone che amiamo che ci fanno soffrire? Forse o forse è un’esigenza strategica, per far sviluppare una storia gli sceneggiatori scelgono quasi sempre una o due dimore che sono la location principale e nelle case di solito ci sono le famiglie.

A questo si aggiunge la tendenza, almeno nelle serie, che hanno i turchi di vivere insieme.

Un’altra delle situazioni più incomprensibili per chi come me ha una maggiore esigenza di verosimiglianza: perché vivere insieme e sopportare tante crudeltà quando si può aprire la porta e andare via? Me lo chiedevo ogni 5 minuti mentre guardavo Kara Sevda, eppure ogni volta non era sufficiente la domanda a farmi desistere dalla visione.

Generalmente a impedire la libertà nelle dizi c’è un ricatto, una impossibilità oggettiva, va bene ma non spiega lo stesso il masochismo di certi nostri eroi.

Oppure lo spiega, risuona con il masochismo che è in noi e che forse, si spera, potrà avere un lieto fine, come ce lo meriteremmo noi, ma al posto nostro. (…)

 

 

 

 

 

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