La solitudine dei miei capelli (…)

(…)I miei capelli durante l’estate potevano crescere perché mia madre durante l’estate aveva da fare, si provvedeva al taglio militaresco prima dell’estate e fino a quando ricominciava la scuola non se ne  parlava più. Non si parlava di nulla a dire il vero, le cose importanti erano altre e allora io mi cercavo alternative, mi dimenticavo il mio aspetto perché era l’unico modo per sopportare come mi acconciavano e almeno in estate facevo quello che mi pareva. Nessuno mi guardava, iniziava la mia libertà.

Mi sarebbe piaciuto avere qualcuno che mi guardasse senza disapprovare i miei capelli. Ma in mancanza di quello mi cercavo qualcosa da guardare io.

Così passavo le mattinate in spiaggia, in acqua e con le amiche venute dalla città quasi mai interessanti quasi mai gentili ma almeno avevo qualcosa da fare, il mare e poi il pranzo e poi i pomeriggi in cui dovevo sopportare i rimproveri perché non ne volevo sapere di dormire e poi vestirmi per la sera, le passeggiate della sera il colore del cielo che da violetto diventava lapislazzulo e le stelle infinite, l’odore della salsedine, il bagliore delle luci della costa sul mare, quel bagno di bellezza era la consolazione della mia solitudine. La mia e quella dei miei capelli.

Poi cominciavano le litigate per andare a letto, io che non volevo andare a casa da sola, mia madre che mi intimava di farlo, senza capire mai la mia disperazione. Non potevo andare a casa senza di lei e quando mi diceva che c’era mia sorella mi faceva sentire ancora peggio. (…)

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8) In principio fu la luce

“Non preoccuparti, non c’è alcuna fretta Olivia, possiamo vederci dopo o domani o un’altra volta.”

L’ho scampata anche oggi, niente parole sagge e cose giuste da fare, Olivia non verrà, la raggiunge sua madre e deve andare a prenderla in aeroporto. Neppure Al sembra contento, quindi oggi nessuno è contento, peccato perché almeno nella loro contentezza speravo.

Il caldo a quest’ora è forte, sul mio piccolo  terrazzo è impossibile stare nonostante l’ombra, sono costretta a rientrare. Mi siedo sul letto e il mare visto dalla penombra mi sembra ancora più azzurro, vedo solo il mare, a sinistra, ma devo sporgermi oltre il letto, le due cupole blu di Oia, poi in lontananza, Imerovigli. Difronte a me la caldera, come se fossi in mare aperto, quando guardo davanti a me ho sempre la bocca un po’ aperta. Potrei dimenticarmi di tutto, potrei credere di essere sempre stata qui. Potrei dimenticare anche di esistere.

MI addormento e mi risveglio, guardo e penso che sarebbe bello morire qui. Mi ricordo di una canzone turca che dice: diventa morte e vieni a prendere la mia anima.

Deve essere l’atmosfera a rendermi così tragica, i colori così forti, sapere di essere appoggiata su un vulcano già esploso. Tu non diverresti morte per venire a prendere la mia anima. E poi non sapresti dove trovarla.

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7) In principio fu la luce

Potrei smettere di sottotitolare le conversazioni nella mia mente o in alternativa smettere di conversare, riesco sempre a trovare un pretesto per non conversare e ben presto riuscirò a evitarlo del tutto, non ho più neppure voglia di conversare per dire che devo andare, ho da fare. Non ho da fare è proprio che non voglio parlare. Non so più cosa dire, non c’è niente da dire.

Essere un sasso, stare lì, sentire l’acqua quando la marea è alta, il sole quando è bassa, il vento, il solletico dei licheni. Sentire e basta, non parlare, non rispondere. Non cercare di essere gentile, non cercare di essere spiritosa.

Mentre torno a casa vedo Olivia, mi saluta con la mano, tra un po’ verrà da me e cercherà di convincermi a fare quello che non ho più voglia di fare, mi dirà che è la cosa giusta, ecco perché vorrei essere lei, pensa ancora che ci sia la cosa giusta da fare. La luce forte mi fa venire voglia di essere in penombra, la penombra delle giornate di sole, come spingere il tasto della memoria, come un dolore. Il caldo e il sole, la pelle che brucia e il tuo odore e io che ancora ci penso.

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6) In principio fu la luce

Prima di tornare a casa devo prendere l’acqua, solo una bottiglia, due pesano già troppo ma dovrò farmela bastare, non ho mai voluto approfondire come ci si approvvigiona di acqua in un’isola, non voglio pormi il problema. La saggezza deve cominciare qui, dal giorno in cui si decide di non porsi il problema. Prendo l’acqua, i cetrioli, i limoni che non si spremono neppure se ti inginocchi.

Tarama salata, che mi ero ripromessa di non comprare e tzaziki che proprio non dovrei comprare. Ma si era detto che oggi è il giorno in cui non ci si pone il problema. Oggi c’è il ragazzo antipatico, il cassiere più veloce del mediterraneo, neppure nei supermercati più affollati di Parigi ho mai incontrato cassieri così antipaticamente zelanti, e dico Parigi perché lì sembra siano andati tutti alla stessa scuola di odio per il cliente, solo a Bari ho incontrato tipologie simili, alcune allo stesso livello di odio da profondere, ma meno adusi a fingere zelo e cortesia. Mi limito a sopportare, a tacere, anche quando esagerano, penso che fanno un lavoro che odiano, che i clienti non devono essere facili da digerire. Ma invece vorrei dire: SMETTILA, HO AVUTO UNA GIORNATA TERRIBILE ANCHE IO, NON SEI L’UNICO DISILLUSO DELLA TERRA.

Invece raccolgo la mia spesa e dico: grazie, buongiorno.

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5) In principio fu la luce

Distrarmi è il mio modo di resistere e sopravvivere, allontanarmi e concentrami su qualcos’altro che è altrove. Così il tempo che perdo per ritrovarmi lo recupero in tempo di vita che si allunga, è la mia pozione magica, il giorno che non ne vorrò più sapere, sarò sempre presente.

Quindi anche se non ho voglia di dirtelo, non desiderare la mia presenza, sopravvivo in assenza, non è difficile da capire, è ciò di cui sono fatta.

Ho solo aggiunto il silenzio, la mia concentrazione si amplifica proprio quando a te sembra non ci sia.

Non hai capito nulla, ammettilo. Neppure io, lo ammetto.

L’acqua oggi sembra rosa, cammino  nell’acqua e i miei piedi mi sembrano quelli qualcun’altra, con quello smalto viola, quell’aria curata, la caviglia sottile. I piedi e le mie caviglie sono così belli, che mi sembrano quelli di un’altra.

Sono andata via e ti ho lasciato perché dovevo andare al mare, mi sembrava un buon modo per farlo, vado via e mi stordisco di sole e di caldo e di mare. Invece l’unica cosa che faccio è camminare un po’ nell’acqua la mattina e poi tornare a casa di corsa e desiderare di essere Olivia.

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4) In principio fu la luce

Ma la pace nella bellezza è una ricerca insidiosa perché c’è anche tanta bruttezza e sembra predomini,  tenerla lontana, mettere la distanza  geografica, aiuta, ma solo un po’. Lei riaffiora, è la costante memoria che offusca i pensieri e incupisce lo sguardo. Porta l’attenzione al presente, qui e ora. Come se bastasse dirlo, come se fosse facile. Non basta dirlo, non è facile, è un esercizio, faticoso e costante ma alla fine i risultati arrivano, dicono.

La spiaggia da raggiungere era vicina ma non troppo, il tempo necessario per avere una meta su cui concentrarmi, ritrovare i punti di riferimento per non perdermi, era la cosa che facevo meglio, perdermi.

Quando in fondo bastava prestare più attenzione e rimanere concentrata, non avrei speso metà del mio tempo a ritrovare il filo.

Ma c’era sempre quell’ostinazione a pensare ad altro, a distogliere l’attenzione da quello che facevo, così anche arrivare in spiaggia richiedeva il doppio del tempo.

Dove sei quando sei assorta? Altrove, è la risposta. Ma perché sei sempre altrove? Me lo chiedi sempre. Io la risposta l’ho trovata, un giorno l’ho trovata, quando ero rassegnata a prendermi così, l’ho trovata. Ma non te lo dirò, perché non ho voglia di spiegarmi.

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