da Gallinacciainfuga | Gen 23, 2025 | Cose di Galline, Le grandi domande
Qualche giorno fa mi sono posta il problema di cosa farne del blog e soprattutto del senso che poteva aver linkarlo alla mia pagina Facebook o Instagram, visto il mio poco traffico e i pochi follower. Siccome sono inondata da inserzioni su webinar, corsi di ogni genere per diventare qualcuno o vendere qualcosa, ho pure cercato di capire se era il caso di affidarmi a chi ne sa, ma poi siccome consigli strepitosi e visioni strabilianti non me trovavo ho pensato che intanto dovevo dedicare più tempo ai social ampliare i contatti e passare più tempo su Facebook o su Instagram, non litigando con nessuno possibilmente (che è la cosa che mi diverte di più sui social) ma caso mai fare complimenti, commenti su profili identificati come adatti alla mia rete e soprattutto cercare di rendere la mia comunicazione facile e univoca, così da poter scalare la nicchia. La noia. Non sono una persona pigra, esattamente il contrario, se motivata sono un osso duro, difficile per me mollare la presa, divento ossessiva, caso mai. Ma la noia di diventare qualcuno sui social mi ha fatto desistere in meno di due ore. Non è per me. I profili più o meno affini, quelli a cui teoricamente dovrei somigliare, quelli a cui dovrei fare riferimento per crescere, hanno contenuti espressi in cinque frasi brevi, non è per criticare, non sempre e non tutti, ma in generale si esprimono con codici non affini ai miei. Non è il mio mondo e non riuscirei mai a divertirmi, lo so che per essere letta sui social devo essere breve, ma io scrivo su un blog perché raccolgo i miei appunti per la prossima vita. Mi farebbe piacere condividerli, ma non fino al punto da diventare una Donna a una Dimensione (eh sì, sto parafrasando e citando Marcuse…). Quindi ho preso la seguente decisione, continuo a scrivere per me e per i miei 15 lettori (veri e contati, cito Manzoni perché magari porta bene) poi visto che ho, diciamo così, esigenze comunicative, scrivo un altro libro, anzi continuo a scriverlo visto che ho cominciato. Voi quindici trovatemi un editore, perché quello è quasi più scoraggiante di scalare i social. Quasi. Il blog non lo lascio (utile o inutile, chi se ne importa) i miei contatti non li amplio e niente, continuiamo così, facciamoci del male.
da Gallinacciainfuga | Gen 17, 2025 | cancro al seno metastatico, Yoga
Come sanno tutti i distratti, ci si perde molto quando si è presi solo dai dettagli, ma come sanno gli ex distratti come me, ci si concentra sui dettagli per sopportare il tutto e per attraversare il tempo con meno angoscia. Quando riusciamo a recuperare l’attenzione, la presenza nel qui e ora come insegna lo yoga e come insegnano quasi tutte le discipline fin dal mondo antico (Hic et nunc) conquistiamo un super potere, che non è il controllo della realtà e degli altri, ma esattamente l’opposto, la capacità di leggere e decodificare solo attraverso l’osservazione, in un certo senso ci si libera dalla necessità di restare in attesa delle risposte, delle conferme. Io lo faccio come esercizio, mi chiedo come si evolverà una situazione, me lo chiedo in base alla mia osservazione il più possibile onesta, priva di pregiudizi e di preconcetti ma ho i miei elementi per valutare, li abbiamo tutti, se sappiamo osservare. Mantenere la concentrazione e aspettare, il tempo svela. Non ha nulla a che fare con il giudizio, piuttosto sulla capacità umana, tutta umana, di comprendere senza affidarsi all’oracolo.
da Gallinacciainfuga | Gen 14, 2025 | cancro al seno metastatico, Yoga
Ho ripreso a fare Yoga nonostante il dolore, devo dire che è stata una buona idea. Non è che il dolore sia magicamente sparito, solo che mi dà sempre fiducia riuscire ad andare avanti nonostante i i pesi che mi trascinano giù, penso che la vita sia questo, andare avanti nonostante il vento contrario ed è un’esperienza che riguarda tutti. A Bari c’è una meravigliosa espressione che riassume il senso dell’andare avanti e della progressione mentre si cerca di acchiappare ciò che ci sfugge, ciò che ci sta sfuggendo dalle mani mentre si è in movimento, un modo di dire che riassume necessità di tirare avanti e capacità di farlo, nonostante tutto, l’espressione è: Aundann Auandann. Io la trovo geniale. La traduzione letterale è “acchiappando acchiappando” ma l’immagine che evoca è più forte, è quella di un funambolo che schiva oggetti che gli vengono scaraventati addosso mentre raccoglie doveri che sfuggono, bambini che corrono, oggetti che inesorabilmente cadono, mentre si va avanti. Praticamente la mia vita, praticamente la vita di tutti, solo che questa espressione me la rende visibile. A fine mese saprò se il dolore è il seguito della micro frattura dello scorso anno perché mi sono affaticata più del dovuto (plausibile) oppure una progressione della malattia (altrettanto plausibile) in ogni caso si farà quello che si deve e si proseguirà, auandann auandann.
da Gallinacciainfuga | Gen 12, 2025 | cancro al seno metastatico, Yoga
Volevo cominciare la giornata con un bel post sull’attenzione, su quel che regala e soprattutto su cosa insegna lo yoga sull’attenzione. Ma è una giornata piovosa e fredda e io sono metereopatica. No, non è vero. A me le giornate di pioggia piacciono così come mi piace stare al caldo mentre fuori fa freddo. E’ proprio che oggi non riesco a vedere oltre le nuvole. Capita, non a caso il lunedì dell’ultima settimana di gennaio è il blue monday, ovvero il giorno in cui gli stati depressivi o le semplici malinconie raggiungono lo zenith. Perché l’inverno è ancora lungo, la luce ancora poca, le vacanze lontanissime. Durante gli anni dell’Università, quando motivi per essere triste ne avevo davvero pochissimi, ma la vita bisognerebbe viverla al contrario come Benjamin Button insegna, il mese in cui decidevo di lasciare l’università e Bologna, era sempre febbraio, passava febbraio e non ci pensavo più, così il terzo anno cominciai a capire che ci doveva essere una connessione tra la mia tristezza e il freddo e quindi smisi di lamentarmi e di intristirmi, almeno a febbraio.
Quindi sono metereopatica o no? Non interessa a nessuno lo so, ma io sono qui per capirmi, quindi interessa a me. Probabilmente la mancanza di luce influisce sull’umore di tutti e per non risentirne bisogna che incroci situazioni di felicità assoluta, praticamente è più facile vincere la lotteria.
Oggi sento forte la stanchezza di dover sempre motivarmi e non ho voglia di trovare mezze felicità, nuove strategie per giustificare né me stessa né le ovvie meschinità umane, non voglio trovare ragioni per sopportare ferite aperte e dolori inestinguibili. Posso? Non ho voglia di ripercorrere ragioni non mie e farmi carico di tossicità altrui, relazioni insanabili e giustificazioni d’accatto. Sono come sono, siete come siete. Ognuno per sé e dio per tutti, va bene così?
Stanchezza da mancanza di luce, si potrebbe dire. Vorrei lasciare andare le persone che mi riportano indietro, sempre, ostinatamente.
(Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete infinite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia. Attraversarlo, un passo dopo l’altro. Non troverai sole né luna, nessuna direzione, e forse nemmeno il tempo. Soltanto una sabbia bianca, finissima, come fosse fatta di ossa polverizzate, che danza in alto nel cielo. H. Murakami)
da Gallinacciainfuga | Gen 10, 2025 | cancro al seno metastatico, Cose di Galline, Yoga
Mi capita spesso di ricordare un luogo, una via, una piazza, un locale dove posso aver mangiato o bevuto qualcosa, ma di non ricordare dove fossi, a quale latitudine. Una strana sensazione, cerco di ricostruire meglio il mio ricordo e qualche volta sono quasi sicura che quel ricordo riguardi proprio quella città, ma poi si allontana e sono altrettanto certa che potrebbe non essere proprio quella città. Mi capita anche che con i libri che leggo sul Kindle, tendo a dimenticare il titolo, cosa impossibile se il libro è di carta, questo mi fa pensare che la mia memoria del titolo dipende dal medium, un libro di carta ce l’ho tra le mani e rileggo il titolo ogni volta che lo apro, mentre il titolo di un libro elettronico lo leggo solo quando decido di leggerlo. Probabilmente ho una architettura cognitiva analogica, però lo detesto in ogni caso. Detesto non ricordare dove fossi quando mi viene in mente il mercato della frutta con quella luce di quel pomeriggio, quella pi.ccola piazza di cui ricordo perfettamente la fontana, mi fa pensare che i miei neuroni siano in caduta libera. Ma poi realizzo che in effetti fino a un certo punto della mia vita dimenticavo molto, ma molto di più. Anche se c’erano cose che proprio non avrei potuto dimenticare, come il titolo di un film, cosa che ora mi succede spesso, potevo dimenticare oggetti importanti dovunque, perdere sciarpe, occhiali e perfino borse con una frequenza impressionante e dimenticare volti e conversazioni con una velocità supersonica. Non mi succede quasi più, sono molto più concentrata e chi continua a trattarmi come una persona sbadata, non immagina che riesco a registrare ogni azione che basandosi su una me che non esiste più, intercetta con precisione ogni tentativo di manipolazione. E’ come se avessi acquisito un super potere. Ma del resto la concentrazione è un super potere. Non mi si può dire più: te l’avevo detto e farla franca, forse ti sei dimenticata e sperare di cavarsela. Non mi ribello, faccio finta di essere la scioccata di sempre. Ma intanto ho assistito a una rivelazione
da Gallinacciainfuga | Gen 8, 2025 | Fuga, Nomi cose città
C’è stato un tempo in cui ogni visita a Londra era gemellata da una visita in un’altra città, così ho vistato gran parte della Gran Bretagna, non solo le città più importanti, piccoli viaggi a cui penso spesso, perché c’è una parte di me, insieme ad un altro paio che vivono altrove, che vive davanti a una stufa di ghisa mentre guarda la pioggia che bagna il giardino. Nel silenzio, con la bruma, in una piccola accogliente casa molto calda. Una casa nelle Costwold, per capirci. Ma le Costwold per quanto bellissime, sono proprio l’Inghilterra da cartolina.
Il luogo o forse dovrei dire il non luogo a cui torno più spesso con i miei pensieri invece è Blackpool, in cui sono arrivata con Jacopo in un pomeriggio piovoso di novembre. I primi anni in cui era a Londra, mi accompagnava alla scoperta della Gran Bretagna, che per tutta la vita avevo ritenuto meno interessante di Londra.
Blackpool non so neppure come abbiamo fatto incrociarla e a sceglierla come gita per un fine settimana fuori Londra, forse avevamo visto uno di quei programmi di posizionamento di ristoranti e ci era sembrata subito un luogo che non potevamo perderci.
Una piccola città sul mare d’Irlanda che deve aver conosciuto grandi fasti come località di villeggiatura della working class inglese, prima dell’arrivo delle low cost e prima che gli inglesi scoprissero la Grecia in massa. Almeno questa è l’idea che me ne feci.
Non so come si possa passare una vacanza sul mare di Blackpool (una volta sono stata in Cornovaglia ad Agosto, ne ricordo la bellezza certo, ma anche il freddo impossibile per me) di sicuro la sensazione è che se la spassassero, è proprio una città simulacro, come una giostra abbandonata da decenni, con i suoi alberghi vuoti, la passeggiata, la piscina abbandonata e i suoi Fish & Chips ancora aperti. Con quella torre di ferro e la giostra che sembrano rincorrere Parigi e rendono l’atmosfera ancora più malinconica.
Non è molte distante da Londra, ma per noi fu come attraversare un’apertura spaziotemporale infinita. A volte ho l’impressione di averla sognata, Blackpool. I sedili di similpelle del fish and chips dell’ultimo giorno, verdi come il purè di piselli che servivano insieme al pesce. E quell’unico, credo, ristorante carino del primo giorno, in cui Jacopo mi fece una foto che amo, perché quello scatto tradisce il suo sguardo tenero su di me.
Il nostro albergo era maestoso, una costruzione d’epoca con un salone per la colazione immenso, deserto, quando lo visitammo noi, ma forse era molto presto. Era apparecchiato e allestito zeppa di ospiti di cui a noi era sfuggita la presenza, perché per tutto il tempo a me sembrò quasi deserto. La mia stanza aveva una di quelle tipiche, bellissime, finestre sporgenti, a bow window. Blackpool mi sembra di averla sognata per quanto era fatiscente e romantica. Come quelle vite epiche al tramonto, come una diva sciupata e sola, che continua a dire la sua nell’indifferenza del mondo
da Gallinacciainfuga | Gen 6, 2025 | cancro al seno metastatico, Fuga, Yoga
tra Capodanno e l’Epifania è tornato a trovarmi il dolore lombare, che gentile, solo che questa volta è leggermente più su, un dolore lombo dorsale, lo definirei. Comunque siccome so come farlo accomodare senza che si senta del tutto a suo agio aspettando che se ne vada, ho cercato di non fermarmi del tutto, ho una tecnica ormai di cui non parlerò perché non ho alcuna intenzione di sprecare parole per un dolore lombare. Comunque oggi avevo dei piani, dovevo fare questo e quello ma poi i piani sono saltati e ho ricevuto una telefonata, quindi mi sono ritrovata vestita e truccata per strada alle nove del mattino, senza sapere più che farne della mia mattinata ed è stato uno di quei momenti, frequenti, in cui avrei voluto buttarmi a terra e piangere. Ma avevo il cappotto bianco.
Mi sono rifugiata nella solita Coop sotto casa, fingendomi indaffarata, ho cercato il pane affettato di semola che uso per la colazione e che era finito, ma naturalmente non c’era e ho dovuto far finta di aver bisogno di altro per dare un senso alla mia presenza nella Coop vestita e profumata come una dama un po’ fané, molto fané. Ma l’unica cosa che mi serviva era Ace denso blu ed era troppo pesante per trascinarmelo a casa.
Ho sentito dentro le ossa che l’Epifania che tutte le feste porta via è la peggiore delle domeniche senza essere una domenica, quella che ti ricorda che c’è solo quella terrificante interrogazione di greco davanti a te e che le vacanze sono così lontane, che siccome hai pure il dolore lombare, non è neppure detto che quest’anno le vedrai o che vedrai il mare e che nuoterai felice.
Quindi sono tornata a casa, mi sono vestita da persona normale che va in piscina e sono andata in piscina a nuotare.
Ah beh.
da Gallinacciainfuga | Gen 2, 2025 | cancro al seno metastatico, Cose di Galline, Yoga
ritorno alla base e alla routine, che poi è ciò che determina la base. Le cose da fare che ti fanno sentire nel flusso oppure nel giusto, perché ti danno la sensazione di fare la cosa giusta. Viviamo in auto ipnosi; uno schema ci tranquillizza più di quello che contiene lo schema, ma non sottilizziamo, va bene perché ci porta avanti, ci fa andare avanti. La routine di stamattina è la lezione di yoga, la spesa e l’organizzazione di cose e persone, nomi , fiori e città. Qualche complicazione questo mese porterà per forza; ci aspetta una ristrutturazione, più complicata di quella appena fatta, occorre svuotare la casa e andarsene per un po’. Altre certezze sottratte e altre routine da inventare. Mi fa male la schiena solo a pensarci, ma un giorno alla volta, diventerà la normalità, per qualche tempo. Il tempo di rimandare, un po’ rimanderò e poi questa cosa, la affronterò. Magari interpello Marie Kondo, il cui libro (Il Magico Potere del Riordino, per i due o tre che non lo conoscono) non smette di guardarmi e rimproverarmi da anni. Neppure la serie su Netflix ho mai osato guardare. Ma ora non c’è scampo.
Un giorno alla volta, ricominciamo sempre.
da Gallinacciainfuga | Dic 31, 2024 | cancro al seno metastatico, Le grandi domande, Yoga
non ho propositi per il nuovo anno, ho cambiato tutto quello che potevo cambiare nel corso del tempo e poi mille volte ancora e sono diventata capace di ribaltare ogni singola certezza in pochi minuti, so bene che adattarsi ai cambiamenti è di per sé una soluzione. Non ho neppure sogni da realizzare, posso sognare con quello che ho, ho imparato tutto questo in anni già passati. Forse, caso mai e con un certo ritardo, comincerei a togliere o almeno a ridurre e a fare spazio. Fatti una vita interiore, diceva in una lettere Pavese a Fernanda Pivano, che una vita interiore, secondo me, ce l’aveva. Ma di tutti gli anni trascorsi è l’unica cosa che mi sento di portare nel nuovo anno, una vita interiore e senza inutili orpelli. Una vita interiore francescana, oserei dire. Come il silenzio di questa mattina. Siamo essere e tempo, l’ho letto qualche giorno fa su un post di Mancuso, cioè mi ricordo di Heidegger, ma come tanto altro, l’avevo dimenticato, in quel continuo rimando a contenuti perduti e ritrovati e non so mai se quel che recupero in realtà continua a esistere dentro di me anche se mi sembra di averne perso la memoria. Capita a tutti credo, siamo quello che abbiamo imparato anche se ci sembra di dimenticarlo, oltre a essere “essere e tempo”.
Quindi il tempo, limitato per tutti, è esattamente quello di cui siamo fatti e non aggiungerò cose banali sul tempo, almeno per oggi
Sto rileggendo Memorie di Adriano, quando l’ho letto la prima volta non l’ho capito, una di quelle situazioni in cui un’insegnante che mi avesse chiesto del libro, avrebbe detto; se anche hai studiato, non hai assimilato. Mi sembra di leggere un libro completamente nuovo, è che sono più capace di essere Adriano nel mio tempo e come Adriano (o come Marguerite Yourcenar ) “sono giunto a quell’età in cui la vita è, per ogni uomo, una sconfitta accettata”. Non c’è alcuna malinconia in questa scoperta. Accettare è di per sé risolvere e l’avevamo già detto, quindi non aggiungerò una parola inutile sul tempo . Spenderò bene il mio tempo. Spendete bene il vostro tempo.
da Gallinacciainfuga | Dic 21, 2024 | Cose di Galline, Fuga
Siccome per questo anno sono in fissa per i profumi, stavo leggendo le cosiddette note olfattive di un profumo e mi sono imbattuta nell’espressione “accenti proustiani” che immagino voglia dire un profumo che ci ricorda qualcosa di perduto.
Ho pensato ai miei profumi preferiti, profumi che mi piacciono ce ne sono diversi, ma due sono i miei preferiti, Un bois Vanille di Serge Lutens e Shalimar di Guerlain, poi ci sono anche le boccette di profumo sfuso che comprai in Turchia, meravigliose, quello al sandalo e chiodi di garofano, e poi mango e gelsomino. Ma non saprei come riaverle perché non saprei come tornarci in quel bazar di profumi
In cosa questi profumi avrebbero per me il ricordo di qualcosa di perduto, non saprei, probabilmente in nulla.
Non mi piacciono i profumi alla rosa, alla violetta o alla lavanda perché li associo a qualcosa o qualcuno di spiacevole, dall’infanzia.
In estate mi piacciono i profumi fruttati, di agrumi, di verbena, bergamotto o basilico. Ma poi torno sempre a loro:
Un bois vanille perché quella fragranza mi fa sentire un tuffo al cuore e a Shalimar, perché è come casa.
Così per quanto cerchi alternative, per quanto sia curiosa e passi tanto tempo nei duty free a sentire profumi con l’accanimento di cane da tartufo torno sempre lì. Anche perché Lutens non si trova nei duty free. Di Lutens mi piace anche Five O’clock au Gingembre e Ambre Sultan, ma chissà come alla fine prendo Un Bois Vanille.
Poi oggi ho sentito il profumo dei mandarini, che sono il profumo del Natale per me. Dei ricordi e dell’infanzia, non sempre bei ricordi, ma quella sì è la nota proustiana del Natale.
La nota dolorosa, quella risuona nell’odore del mandarino, anche forse vagamente in Un bois Vanille e non è la vaniglia a darmi il tuffo al cuore è qualcos’altro, di intenso. Che spinge dove fa più bene il male ed è come una vertigine
Il Natale gira molto intorno ai profumi, non solo per i regali, per ogni tipo di odore e per ogni tipo di spezia che fa Natale, l’eterna festa del paradiso perduto, che profuma un po’ di mandarino e un po’ di cannella. Molto di desideri ancora più di promesse non mantenute, ci riproviamo ogni anno sperando sia la volta buona. Alla fine il Natale passa, il tuffo al cuore di Un Bois Vanille, per fortuna mi resta.
Chissà se qualcuno ricorda un profumo maschile chiamato Tactis, lo usava un mio fidanzato al quale mai dissi che era lo stesso profumo di un altro che lo aveva preceduto, mi piaceva molto. Il profumo per quanto ora fuori produzione si rivelò un ricordo più dolce e gradevole di lui, quindi feci benissimo a tacere
Non ho mai più sentito un profumo maschile che mi piacesse altrettanto, Forse Tobacco Vanille di Tom Ford, profumo unisex, ma forse no, troppo intenso, e sì la vaniglia ritorna, lo so.
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