Per una colazione speciale, ieri mattina io e il signor P. ci siamo seduti al tavolo di un bar famoso in città per la varietà e la ricercatezza delle sue brioches e croissants. La colazione è sempre speciale per me, quella di ieri lo era particolarmente anche perché non mangio croissants tutti i giorni, quindi ho scelto un croissant con crema diplomatica, una specie di chantilly solo più densa, e mentre lo mangiavo in religioso silenzio, ho pensato all’ultimo croissant che sapeva di croissant che ho mangiato nella mia vita. Con somma tristezza ho dovuto scavare, anno dopo anno dopo anno. Non è che non mi sia stato possibile o non sia possibile fare colazioni speciali, certo che lo è, ma il croissant che profuma di burro e che esplode in bocca mentre la pasta sfoglia si sbriciola sulle labbra e si posa sui vestiti,  credo di averlo mangiato a Parigi l’ultima volta davvero molto tempo fa e neanche lo scrivo quanti anni sono passati e quanto mi piacevano i croissants parigini, in particolar modo il croissants aux amandes di cui ho ancora un ricordo forte. Non sarebbe bello sapere quando sarà l’ultima volta che assaggiamo una cosa che ci piace? No, forse non sarebbe bello, anzi sarebbe triste. Quindi insieme a tutto quello che perdiamo dobbiamo mettere in conto che un certo sapore e odore potrebbe svanire, per sempre? Ho sempre creduto che non riuscire a ritrovare un sapore abbia a che fare con le differenze che accompagnano l’esperienza, se cambia l’umore o se non abbiamo fame, è impossibile ripetere la stessa esperienza oppure no, devo ricredermi, scorre tutto e anche il gusto di un sapore certo, su cui facevamo affidamento,  proprio quello, può estinguersi per sempre.

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