Confesso, sono una delle oche che si è fatta spennare da Moncler (Però questo “calembour” è troppo facile, sarebbe ora che i social cambiassero trend…).
Potrei dire in mia difesa che l’ho fatto quando il marchio era ancora francese (ma costava comunque tanto) ed era meno truzzo, con modelli meno truzzi di quelli di ora, potrei dire anche in mia difesa che in quel momento combattevo una battaglia degna di un’oca (contenti?), una depressione da abbandono, potrei dire tante cose, ma non dirò che mi vergogno, perché quel piumino è stato l’unico conforto di quel lungo e triste inverno. E non è stato neppure il solo che ho acquistato. Devo anche confessare che credevo che la piuma d’oca si ottenesse come si ottiene la lana, più o meno, avevo letto di una tecnica simile a quella che si ottiene pettinando una piuma, va bene, ne l’ero fatta bastare, adoravo il mio Moncler e non erano neppure gli anni ’80. Però detestavo le pellicce, avevo letto che invece per ottenere un bel pelo da pelliccia gli animali venivano uccisi tra atroci torture. Una pelliccia non l’ho mai comprata e non ho mai neppure desiderato comprarla. Però non sono vegetariana e le mie scarpe in genere sono di pelle, come le mie borse. Penso tuttavia che evitare la crudeltà verso gli animali sia un passo necessario che l’umanità deve compiere per evolversi. Penso anche che ognuno sia libero di spendere i propri soldi come meglio crede, ma ha tutto il diritto di essere informato e di sapere che gran parte di quello che spende serve ad arricchire il brand, non ad ammortizzare i costi di un prodotto di qualità, perché spesso di qualità non è. Poi tutto questo accanimento contro un marchio che è solo uno dei tanti che delocalizza e sfrutta condizioni di lavoro minime, non mi piace, forse aiuta a farci sentire buoni, ma nessuno di noi lo è.
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