questa è l’estate della ricostruzione della mia storia attraverso la scelta di cosa tenere e cosa escludere durante la riorganizzazione di una casa in cui ho vissuto per molti anni e che negli ultimi 15 ho lentamente ignorato prima e abbandonato poi. Le ragioni poco importano, chi svuota una casa lo sa, rimescola la propria vita.
La scelta degli oggetti da tenere e da eliminare l’ho fatta in gran parte da sola, dagli oggetti più grandi e importanti agli oggetti infinitamente piccoli, certo in qualche caso sono state scelte funzionali al nuovo aspetto dell’ambiente ma soprattutto ho scelto quello che ancora risuonava con qualche aspetto di me, Così alla fine ho scelto di conservare almeno un oggetto di quello che non esiste più ma che è esistito e che posso riconoscere solo io. Ho trattenuto oggetti la cui storia è sconosciuta per tutti ma non per me. Pochi, pochissimi, grande spazio a ciò che sono diventata ma non ho davvero raso al suolo nessuna delle tante vite a cui sono sopravvissuta.
Moltissimi anni fa lessi su un manuale serio che il trasloco dopo il lutto e il divorzio era da considerare tra gli eventi più stressanti che potevano capitare a un individuo. E’ vero che il manuale non comprendeva le guerre, le stragi, le carestie ma mi sembrò ugualmente una esagerazione, però l’ho sempre tenuto a mente e in effetti negli anni mi sono spostata senza aver fatto mai davvero un trasloco e secondo modalità diverse, ed è anche vero che io ho fatto un trasloco nella mia stessa casa per cui non vale come un trasloco reale, tuttavia l’esperienza ha mosso infinite emozioni che dopo varie settimane ancora non riesco a pacificare del tutto.
Sono contenta però, non solo del risultato ma di averlo fatto, il mio viaggio dentro di me.
Non che faccia altro nella vita che non sia cercare di capire e arrivare al punto, i mille mila viaggi dentro di me, eppure questo percorso è stato una sorpresa. Tante volte mi sono chiesta dove è la me di 10, di 20 e di 30 anni fa, se ne parlo con qualcuno in genere mi sento dire: in fondo sei sempre la stessa; no. Non sono la stessa, per forza. Anche perché è costata molta fatica proseguire il viaggio, sarebbe molto triste se fossi sempre la stessa. E poi so di non esserlo. Anni fa, intorno ai 13 anni di mio figlio, mi prese una sorta di malinconia e nostalgia del bambino che non trovavo più, anche allora mi chiedevo, dove è andato il mio bambino? Sì quello, quello piccolo. Non questo qui che non conosco. Dove va tutto quello che cambia? Sì certo, lo impariamo alle medie, nulla si distrugge e tutto si trasforma, poi c’è Eraclito al primo liceo e sappiamo che tutto scorre, ma non è perdita anche quella? Ineluttabile e dolorosa ugualmente? Dove va tutto quello che cambia? Dentro di noi, direbbe un saggio, siamo il percorso fatto, siamo quello e anche altro e per altro si intende quello che siamo stati. Non lo so, non sono sicura.
Così vedendo in fila tutte le mie vite, le chiamo così, ho le mie ragioni, mi sono ricordata di Pinocchio e di tutte le sue trasformazioni che erano morti e rinascite e credo che sia proprio così che funziona, questa è l’unica spiegazione con un po’ di senso che sono riuscita a trovare, ogni passaggio è morte e rinascita, infinitamente. Senza scomodare i saggi e gli asceti. E’ la condizione umana, l’esperienza di tutti. Non a caso la sofferenza deriva dalla incapacità di accettare i cambiamenti. Averlo capito non fa meno male. L’impermanenza certo. Sono leggi universali note, ma io ancora non so dove vanno le cose che cambiano. Si dissolvono? Non contano? E cosa conta, solo l’essenza? Ma non rimane neppure quella. Ci penso un po’, poi vi dico.
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