(…)
Insieme ai bambini c’erano molte donne in attesa, del resto se eravamo le uniche tre viaggiatrici non accompagnate dagli uomini (e comunque in tutto eravamo cinque donne sul volo), avevamo viaggiato con un carico di uomini che venivano dagli emirati arabi per lavoro, suppongo. A fare che? Perché tanti uomini dagli Emirati Arabi al Kerala? Cosa fanno gli indiani negli Emirati? Avrei voluto ragionare di queste cose tra me e me e pure tra me e l’autista che ci accompagnava, tra me e le mie amiche, ma ogni volta che cercavo di raddrizzare il collo, si piegava dall’altra parte e cascavo in un sonno breve e denso, in India si guida a sinistra e si rischia la vita in media una volta a km, io venivo svegliata dai fari delle auto, moto, autobus che chissà come, non centravano la nostra auto come un birillo. Sulla strada, piccola, a una carreggiata, si incontravano anche quelli che si recavano alla moschea per la preghiera del mattino, la voce del muezzin si sentiva per km, erano soprattutto uomini, anzi direi erano solo uomini, ragazzi, bambini, ma maschi.
Intanto diventava giorno e io tra un colpo di clacson e l’altro mi svegliavo mentre i miei occhi erano sempre più disposti a non guardare il pericolo purché in cambio avessero il meritato riposo. Ma per fare 100 km in India ci vogliono mediamente 3 ore, forse meno, ma non tanto meno. Ho cercato di familiarizzare con il luogo, con la natura che mi sembrava anche al buio così rigogliosa, così tu tarzan e io jane, ma poi gli occhi si chiudevano. Così quando a giorno inoltrato siamo arrivate, credo di aver guardato la mia stanza con una parte dell’occhio, mentre con l’altra ero già sotto la doccia e poi a letto dove l’altro occhio dormiva. (…)
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