Non occorre che dica la mia su Eco e sul suo funerale, ne sono consapevole, lo hanno fatto davvero tutti e tutti, ancora una volta (succede ogni volta che qualcuno di davvero importante o anche solo celebre ci lascia) hanno fatto finta di parlare di Eco per parlare di sé. Io sono tra coloro (tanti, evidentemente) che ha seguito il suo corso di semiotica a Bologna, sono tra coloro che non ne ha fatto un semidio, neppure da vivo, ma proprio perché un po’ l’ho conosciuto posso dire con assoluta certezza che è stato il professore più colto e capace e straordinario che uno studente universitario possa ambire ad avere. Teneva ‘na capa tanta. Non so esprimere meglio quello che sento quando penso a lui, era un’enciclopedia vivente, un gigante, un erudito, il più grande, di sicuro, l’ultimo. Era uno la cui cultura non avrei potuto uguagliare neppure in 10 vite, uno che mi faceva sentire piccola. Era anche un po’ trombone,  però. Era sì ironico, sì affabile, ma non ci teneva a mettere i suoi studenti a suo agio, si divertiva molto di più a bacchettarli. Pier Vittorio Tondelli descrisse in un racconto bellissimo il suo esame di semiotica con Eco, Tondelli prese 29 a quell’esame. Raramente dava di più, per aspirare al trenta e lode era meglio ripiegare sui suoi assistenti, la tecnica per avere il trenta e lode all’esame di semiotica era quella: scegliere un argomento per la relazione scritta e incrociare le dita. I suoi assistenti erano buonissimi, ti dicevano che andava benissimo, ti demolivano quello che avevi fatto con fatica e te la facevano rifare, se eri un bravo studente una volta, se no la rifacevi ancora e ancora, la semiotica non è facile. Poi non ho capito davvero mai se come dicevano i suoi detrattori non serve a distinguere un termosifone da un Van Gogh. Io che arrivavo dalla provincia profonda,  ho potuto grazie a lui avere il mio incontro con un intellettuale vero, di quelli che fino ad allora avevo letto sui libri. Gliene sono grata, come sono grata in parte al mio corso di studi, certo ha contribuito a riempire l’Italia di laureati in comunicazione, ma noi sappiamo che quegli studenti, di quegli anni, di quel dipartimento di comunicazione, erano tarati su un altro registro. Scusate la spocchia, ma so quel che dico.

Il funerale  non sono riuscita a seguirlo, dopo l’intervento di Elisabetta Sgarbi lo sconforto è stato troppo, lei che parlava della casa editrice che avevano fondato, lei che parlava del libro  di Eco che stava per uscire, lei che parlava di sé parlando di Eco, ma una cosa tra quelle che ha detto era vera; Eco non aveva bisogno di quella casa editrice dal nome orrendo. Allora, perché?  Ah sì, la libertà eccetera. So che in tanti anche sui social hanno commentato scandalizzati lo spot per la Nave di Teseo, io ho la mia opinione e cioè che Eco fosse d’accordo con lei, avevano concordato lo spot al suo funerale, il motivo continua tuttavia a sfuggirmi.

Sull’intervento di Furio Colombo ho cambiato canale, mai sopportato quel suo ditino sempre puntato, quel suo: Voi non saprete mai quello  che so io e non sarete mai quello che sono io. Anche Eco era un po’ così, solo che lui poteva permetterselo. Lunga vita alla casa editrice dal nome orrendo, alllora. A proposito, ma pubblicherà anche l’ineffabile Chiara Gamberale con la Nave di Teseo? E poi, l’ultima domanda e chiudo, com’è che tutti parlate male di di Volo e state zitti sulla Gamberale? Sono io che non la capisco? Perché può pure essere,  eh!

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