Stamattina ho letto su un giornale online una citazione di una canzone: “Ognuno è figlio della sua sconfitta / Ognuno è libero col suo destino / Butta la chiave e vai in Africa, Celestino!”. Ho cercato il testo della canzone (Dalla, De Gregori) e forse la citazione non è proprio fedele però mi sembrata comunque perfetta. Così mi sono venute in mente altre parole sulla fuga e il sentirsi leggeri, così leggeri da andare,  recentemente ascoltate in una serie turca (sì, mi trascrivo poesie e testi dalle serie turche): “In che tempo sono? Sono in un istante, nel suo flusso inafferrabile. In uno strano sogno a colori. Impigliato nella situazione. Neppure le piume portate dal vento sono leggere come me. La mia testa un enorme mulino, la mia anima un viaggiatore sperduto mentre cerca lo scopo del suo viaggio. Come se non avessi radici nel mondo. Mi sento calmo. Blu, sono nel mezzo di un colore blu.” (Ahmet Hamdi Tanpinar). E’ vero che ognuno cerca le parole di cui ha bisogno, che risuonano con quello a cui tendiamo. In ogni caso mentre bevevo il caffè pensavo al mio blu, il mio blu è stato sempre e naturalmente il mare, il mio piano segreto di fuga, neanche tanto segreto. Sono tra coloro che aspettano la fine di questo istante che ci impiglia in una situazione eterna per attuare i suoi i piani di fuga, eh no, per favore non tirate fuori la storia che ci sono persone che da questa situazione di stallo devono imparare, per non parlare di quelli che hanno sofferto, stanno soffrendo, che non ci sono più. Vorrei dire che non è una gara, chi ha imparato doveva imparare, chi non vuole imparare non imparerà, io potrei aver imparato in un altro momento o potrei non avere tutto questo tempo per restare impigliata, esistono le storie collettive e quelle individuali, ma resto e preparo il mio piano di fuga. Quando saremo liberi di muoverci prevedo un’esplosione di piani fuga meticolosamente elaborati in questi mesi, per me la fuga è sopravvivenza, lo è sempre stata, nell’attraversamento io mi acquieto, è una distorsione, uno squilibrio forse, non so non importa, andare mi tira su il morale. La fuga nella distanza, non tanto dalle persone, non sono una che abbandona e non lo considero neppure un merito. E’ proprio che sono così, la dimensione di uscita da me, quella mi attrae, la mia sirena di Ulisse.

Celestino bruciava tutto e andava in Africa, perché non aveva centrato gli obiettivi, la libertà di non aver centrato gli obiettivi è grandiosa, inutile insistere: chiudi la porta di casa e vai in Africa, Celestino!

 

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