cancer survivor
dieci anni fa mi è stato diagnosticato un cancro al seno, metastatico da subito, alle ossa. Da allora sono successe tante cose, ho cambiato varie terapie, la malattie è progredita, poi si è fermata, le terapie mi hanno causato sempre più problemi ma ho imparato a gestirle e a gestire la fatica che però resta ed è tanta.
Credo che i malati cronici (si spera…) si dividano in due categorie, quelli che vivono da malati e che hanno in pugno la famiglia e quelli che tendono a sminuire, a farsi carico dei propri problemi e a lamentarsi il meno possibile. E’ sbagliato in entrambi i casi, chi vive da malato e pretende l’attenzione di tutti ben presto risucchia la vita di chi orbita intorno a lui e perde il contatto con il lato positivo della malattia cronica, perché esiste un lato positivo, ed è il fatto che il tempo della malattia è comunque tempo di vita, chi sminuisce ben presto capisce che non può fare pause, deve essere all’altezza della forza che gli viene attribuita e che è solo.
Nel mio caso dire che sono sola sarebbe ingiusto, ho amici che mi vogliono bene e mi supportano, e un compagno che mi ama ma spesso non capisce la mia fatica, se non mi sento bene o sono solo stanca, i suoi occhi si intristiscono e devo fare finta di niente. Ho anche un figlio, ma vive lontano e sfugge, lo capisco e va bene.
Questa recita però mi ha sfinita, quindi ho deciso di scrivere tutto quello che significa per me essere una cancer survivor, una persona malata di cancro che non è guarita, ma neppure, per ora, morta. E che sia pure con delle pause e dei giorni terribili, riesce a vivere bene. Lo scopo è sentirmi meno sola e meno residuale e condividere quello che ho imparato, che non è poco.
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