Io e miei capelli 3

(….)In prima liceo il professore di filosofia mi fece fare una ricerca approfondita sulle streghe, gli feci una domanda e lui mi rispose con una bibliografia, scoprii che esistevano le bibliografie e la possibilità di sapere senza ripetere luoghi comuni, che non si poteva dire: l’ho sentito o me l’hanno detto o lo so e basta; bisognava citare le fonti. Più tardi  ho scoperto che c’era un sacco di gente che citava fonti mai consultate e che bastava alzare la voce per avere ragione, ma naturalmente per almeno dieci anni l’ho ignorato e la mia passione per le streghe mi portò a scoprire che non esistevano e che fu solo uno dei modi infiniti in cui si propagava la misoginia intanto aumentò il disprezzo per i miei capelli;  in effetti anche tu somigli a una strega, mi dicevano, oppure: ti farò fare la fine delle tue amiche del ‘500, mi diceva ogni tanto quel prof., lo diceva affettuosamente, lo dico subito, ma lo diceva. I miei capelli avevano comunque un riferimento culturale e storico certo: le streghe. In realtà il riferimento era solo iconografico ma comunque, da lì dovevo provenire insieme  ai miei capelli. (…)

Ti è piaciuto? metti un like e condividi su:

Appunt/amenti col suono

Ascoltare un audiolibro naturalmente non è come leggerlo, ad esempio non posso sottolineare le parti che mi hanno colpito e soprattutto rileggerle. E’ come avere a disposizione un altro testo perché diversa è l’interazione, questo mi è chiaro. Però a volte sono occupata con le mani e mi piace un sacco ascoltare un podcast o un audiolibro, mi sembra di non sprecare il tempo. Ma sbaglio ad avere paura di sprecare il mio tempo e infatti sto ascoltando un audiolibro che mi insegna  che non devo sottrarre o moltiplicare il tempo ma esserlo. Comunque ho bisogno di trattenere alcune cose ascoltate e allora le scrivo qui. Non accettare più le sfide, non dare importanza alle sfide, piuttosto imparare a sintonizzarmi con quello che mi sfida, comprendere cosa mi fa essere ogni cosa, non cercare di imparare dai maestri ma cercare quel che cercano loro. Essere la libellula che va verso il lago per fare il pieno di acqua da portare per spegnere il grande incendio e quando il re Leone la sbeffeggia dire: lo so che sono solo 4 gocce d’acqua, ma io faccio la mia parte (Un’etica di ferro, mi piace tanto averla). E poi mi è piaciuto che quel ho sentito sul suono delle ambulanze: quando sentite un’ambulanza, non soffermatevi sul fastidio, piuttosto fermatevi e dite: lo so che hai bisogno di aiuto e io ci sono, ti mando il mio pensiero. Esserci in silenzio, da lontano. Serve non serve, non importa (questo lo aggiungo io). Le parole ascoltate sul dolore e la paura, quelle sono già esperienza. Le emozioni durano circa due minuti, il resto è auto narrazione.  Imparare a stare per superare dolore e paura. La soluzione è sempre stare e farsi attraversare. (Ascoltando”Il silenzio è cosa viva” di Chandra Livia Candiani)

Ti è piaciuto? metti un like e condividi su:

La solitudine dei miei capelli (…)

(…)I miei capelli durante l’estate potevano crescere perché mia madre durante l’estate aveva da fare, si provvedeva al taglio militaresco prima dell’estate e fino a quando ricominciava la scuola non se ne  parlava più. Non si parlava di nulla a dire il vero, le cose importanti erano altre e allora io mi cercavo alternative, mi dimenticavo il mio aspetto perché era l’unico modo per sopportare come mi acconciavano e almeno in estate facevo quello che mi pareva. Nessuno mi guardava, iniziava la mia libertà.

Mi sarebbe piaciuto avere qualcuno che mi guardasse senza disapprovare i miei capelli. Ma in mancanza di quello mi cercavo qualcosa da guardare io.

Così passavo le mattinate in spiaggia, in acqua e con le amiche venute dalla città quasi mai interessanti quasi mai gentili ma almeno avevo qualcosa da fare, il mare e poi il pranzo e poi i pomeriggi in cui dovevo sopportare i rimproveri perché non ne volevo sapere di dormire e poi vestirmi per la sera, le passeggiate della sera il colore del cielo che da violetto diventava lapislazzulo e le stelle infinite, l’odore della salsedine, il bagliore delle luci della costa sul mare, quel bagno di bellezza era la consolazione della mia solitudine. La mia e quella dei miei capelli.

Poi cominciavano le litigate per andare a letto, io che non volevo andare a casa da sola, mia madre che mi intimava di farlo, senza capire mai la mia disperazione. Non potevo andare a casa senza di lei e quando mi diceva che c’era mia sorella mi faceva sentire ancora peggio. (…)

Ti è piaciuto? metti un like e condividi su: