Perché sono (siamo?) attratta dalla fuga non so dirlo esattamente, ma so che a me andare, vagare, mi rincuora.

La prima ragione è che vagabondare distrae, fa pensare meno a se stessi e rende affascinanti anche persone che non sarebbero affascinanti, solo perché, probabilmente, smettono di pensare a loro stesse.

Cosa sia esattamente una fuga mi sfugge altrettanto, è come un dislivello, un cambio di immagine, di registro, è il cambiamento. Ecco cosa è, ora lo focalizzo meglio. Quello a cui naturalmente sfuggiamo ma al quale aspiriamo con una bella lista di atti mancati, evidentemente, perché fuggiamo sempre dalla nostra sorte, con il cavallo del re come nella leggenda della morte a Samarcanda, ma poi succede che andiamo veloci proprio lì dove eravamo attesi e la fuga non era che il nostro destino. Siamo attratti dalla strada che è segnata per noi, andiamo dove dobbiamo andare, l’illusione è la fuga. La fuga ci regala l’illusione della ribellione, ma a spingere, allontanare, rincorrere, siamo sempre noi. E gli atti mancati sono i più riusciti. Tutto questo ha a che fare con il tentativo di sfuggire alla morte, per questo Samarcanda si raggiunge correndo. Naturalmente ce ne accorgiamo alla fine della corsa, quando poi decidiamo di iniziarne un’altra, assolutamente convinti di essere liberi di andare dove vogliamo. La fuga è un pretesto, andiamo sempre dove siamo attesi, lo dicono, oltre alla leggenda della morte a Samarcanda, molti libri sacri e non, ma senza scomodare dotti-medici-e-sapienti, tutti facciamo l’esperienza della fuga per ritrovarci dove esattamente non volevamo o forse, dove eravamo convinti di non voler essere. Viva la fuga, in ogni caso.

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