(…)Qualche anno dopo, feci da sola il mio primo viaggio in aereo per Parigi, in attesa del mio volo mi ritrovai accanto ad una ragazza e a una signora dirette a Londra Heatrow, la destinazione del loro viaggio non fu l’unica cosa che riuscii a capire, anche se non si parlavano e parevano odiarsi. Erano di sicuro una madre e una figlia, la madre aveva una coda di cavallo bassa, i capelli ben pettinati, truccata e vestita come ci si immagina lo siano le vere signore, con una borsa al braccio che più in là scoprii essere una Kelly di Hermès. La figlia aveva un’espressione accigliata che le induriva il viso, un giubbotto di pelle e un paio di anfibi che io avevo visto solo in un video di musica rock. Erano aliene, dee di un mondo del quale io intuivo la distanza che non era solo una distanza da conto in banca, ma di tradizioni di famiglia, di viaggi all’estero, college esclusivi, facce schifate e vite da film. Io per quella partenza sudata scodinzolavo come un cucciolo da settimane, andavo a Parigi, avrei raggiunto i miei amici in una maison de jeunesse di rue Jean Jacques Rousseau, mi sentivo Valentina Terescova, la prima donna sulla luna. Si poteva sentire il frastuono del mio cuore palpitante senza sforzo per una settimana a Parigi in ostello e si poteva vivere la partenza per un corso di studi all’estero come la peggiore delle punizioni, esisteva un mondo che non avevo previsto o che non prevedeva me. Poi in aereo il mio vicino di posto mi invitò ad andare con lui ad Acapulco, nessuno si diverte se non è stato ad Acapulco, anche lui sembrava uscito da un film ma di quelli con Al Capone, io mi fermai a Parigi, mi persi in metropolitana e un ragazzo mi accompagnò in rue Jean Jacques Russeau, mi offrì anche un gelato, mi chiese un appuntamento ma gli diedi buca(…)

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